Di Manuele Proietti. Pensate, un giorno all’improvviso, nel pieno della vostra giovinezza, mentre giocate a calcio come sempre, di risvegliarvi senza un apparente motivo in terapia intensiva di un ospedale, senza che ve ne siate nemmeno accorti, con milioni di persone preoccupate per la vostra vita. Beh, questo è successo, nella sera di Domenica 1° dicembre, durante il match tra Fiorentina e Inter a Edoardo Bove classe 2002 che ha avuto un malore, come quasi tutti sappiamo. Non appena ho sentito la notizia mi sono sentito strano, poiché sapere che qualcuno che tu consideri come punto di riferimento, dentro e fuori dal campo per il suo grande esempio, ha affrontato un momento difficile mi ha colpito profondamente.
Ciò mi ha fatto riflettere sul senso della vita che non guarda in faccia a nessuno, portandoti a volte a non lottare più sul terreno di gioco bensì per la tua vita. Pieno di angoscia mi sono chiesto se Edoardo, con il suo spirito combattivo, avrebbe prevalso su questo brutto spettro che voleva portarselo via.
Poi basta pensare a chi è Edoardo Bove: uno che non si arrende mai, uno che lotta fino all ultimo minuto. Questo pensiero mi ha dato speranza e forza, non solo per lui, ma anche per me stesso e gli altri.
Un altro aspetto fondamentale sono i messaggi di sostegno da parte di tifosi e compagni di squadra, di persone che nemmeno lo conoscono, mi sono reso conto di quanto il calcio sia più di un semplice sport. È una comunità, una famiglia e in momenti come questi, lo senti davvero. Infatti, sin da subito l’affetto di tutto il mondo del calcio, rivali e non, si è palesato e ha dimostrato che questo sport è un qualcosa che va oltre tutto e che arriva al cuore di tutti anche di chi non tifa. Edoardo in questo momento e appena uscito dalla terapia intensiva con i pensieri che frullano, mentre gioca la sua partita più importante