Di Luna Luciano. Era il loro slogan “Give me democracy or give me a death”. Come un terremoto il voto di Hong Kong fa tremare i muri della sede del Partito comunista cinese e le sue forti convinzioni. Il Partito, che si aspettava il trionfo di una “maggioranza silenziosa”, all’indomani delle elezioni ha ascoltato i festeggiamenti per le strade di una Hong Kong fortemente democratica. Dopo sei mesi di manifestazioni e violenze i militanti democratici hanno così ottenuto una vittoria che andava ben oltre le proprie aspettative. Il fronte democratico è riuscito a conquistare il 24 novembre 385 seggi contro gli appena 59 delle forze vicine a Pechino; in questo modo il movimento democratico della città controllerà ben 17 distretti su 18.
La maggioranza silente, su cui Pechino faceva conto, ha deciso quindi di dare fiducia ai giovani di Hong Kong, la generazione che vivrà il periodo successivo al 2047, anno in cui finirà la parziale autonomia di Hong Kong negoziata nel 1997 con il Regno Unito, tornando sotto il controllo della Cina. Per più di sei mesi ogni giorno i ragazzi di Hong Kong sono scesi in piazza a manifestare per preservare il proprio assetto democratico.
I giorni precedenti alle elezioni sono stati segnati da un acuirsi di tensioni e violenze. Gli studenti hanno trasformato il politecnico della città in una roccaforte per proteggersi dagli attacchi della polizia, come riportato dal Telegraph. Le immagini dei giornali mostrano dei giovani mentre erigono barricate e disseminano di ostacoli le strade; studenti armati di frecce e archi per difendere il confine o muniti di racchette da tennis contro i teargas. I genitori non hanno più avuto notizie dei ragazzi arrestati.
Il pugno di ferro di Pechino però non si arresta e dopo la vittoria delle elezioni il governo ha subito ricordato che la Cina non tollererà alcuna insubordinazione. Nessuna apertura politica sembra, quindi, ancora possibile; e come riporta L’Internazionale: “Per paura di un effetto domino l’agenzia di stampa ufficiale Xinhua non ha ancora comunicato i risultati delle elezioni locali a Hong Kong”.
Ad Hong Kong continueremo a lottare per la nobile causa delle libere elezioni
Queste le parole del giovane 23enne Joshua Wong, leader delle proteste. Questo spiraglio di luce apertosi per Hong Kong getta ancora più ombre su Pechino, che in questi giorni è al centro dell’attenzione mediatica per le violente repressioni, non solo nell’ex colonia britannica, ma anche nella regione autonoma dello Xinjiang, dove da mesi si consuma una tragedia silenziosa.