Di Eleonora Gentile.

Un nuovo colpo di scena, uno dei tanti e si spera l’ultimo, che in questi anni hanno investito il caso Stefano Cucchi. Una nuova testimonianza, quella del carabiniere Francesco Tedesco, che conferma qualcosa di ormai già chiaro da tempo. Stefano è stato ucciso da chi era chiamato a difendere la legge con una chiara e lucida freddezza la stessa che è stata usata in questi 10 anni per impedire che i colpevoli pagassero.

Il carabiniere e superteste Francesco Tedesco imputato di omicidio preterintenzionale ha accusato i suoi due colleghi Di Bernardo e D’Alessandro entrambi già sotto inchiesta, per il brutale pestaggio che provocò la morte di Stefano Cucchi, il giovane geometra romano morto nel 2009 dopo esser stato fermato con addosso qualche grammo di droga.

Tedesco racconta gli ultimi giorni di vita del ragazzo, le minacce subite nell’arco degli anni, il muro di gomma e la paura che gli hanno impedito di parlare e per la prima volta chiede scusa alla famiglia della vittima.

“Subito dopo la morte di Cucchi sono stato minacciato di essere licenziato quindi allora non chiesi nulla perché avevo capito l’andazzo”

“Quando domandai ‘ma ora cosa devo fare?’ mi dissero ‘non ti preoccupare, devi dire che Cucchi stava bene. Devi seguire la linea dell’arma se vuoi continuare a fare il carabiniere”.

“Ho scritto una annotazione il 22 ottobre parlando dell’aggressione ai danni di Cucchi, nei giorni successivi andai nel registro e vidi che nella cartella mancava la mia annotazione. Mi sono reso conto che erano state cancellate due righe con un tratto di penna”.

“Dopo il primo schiaffo di Di Bernardo , Stefano non ha avuto il tempo di lamentarsi, non ha gridato. E’ caduto in terra, stordito, e non ha urlato neanche dopo il calcio che gli è stato sferrato a terra da D’Alessandro. Quando l’ho aiutato a rialzarsi, gli ho chiesto come stava e lui mi ha detto di stare tranquillo perché era un pugile. Ma si vedeva che non stava bene”.

Un lungo racconto dal quale emergono dettagli su quella notte e sui giorni, mesi ed anni successivi in cui si è cercato di insabbiare il tutto con depistaggi,false testimonianze e minacce.
Dichiarazioni sicuramente importanti che portano luce sui tragici eventi che portarono alla morte del ragazzo ma che purtroppo non la spiegano. Perchè Stefano si, non era di certo un santo e sicuramente qualcosa della sua vita la doveva cambiare,ma una persona che sbaglia non può perdere i suoi diritti, i suoi errori non possono rappresentare un alibi per ciò che ha subito.
Stefano non è morto solo per mano di quei due che con quella divisa si sentivano nel giusto, ma anche nell’omertà di tutti coloro che negli anni hanno collaborato con depistaggi e bugie. E’ morto nel pregiudizio di una fedina penale già sporca vista come un biglietto da visita che diceva “se lo merita”. E’ morto nell’indifferenza di chi lo aveva visto, perchè il suo corpo non nascondeva le sue condizioni, ma ha fatto finta di nulla, ha girato la testa e guardato da un’altra parte.
Queste dichiarazioni, raccontate da chi era presente che giungono dopo 10 anni di menzogne e depistaggi anche se non sbalordiscono, perchè ciò che era capitato a Cucchi era già chiaro a tutti, rappresentano la verità che è l’unica in grado di portare giustizia.