Di Lucrezia Belisario.

E’ l’emblema di un’Italia mai risorta dalle macerie: impalcature ossidate, cantieri che restano ancora da allestire, quartieri sbarrati, prefabbricati cadenti, farse, affari poco limpidi. La città dell’ Aquila distrutta dal terremoto è la fotografia di un’Italia mai ricostruita.

Una notte qualunque di un 6 aprile  quando una scossa di terremoto di magnitudo 6,3 si abbatté sulla città e la distrusse.

Il bilancio delle vittime e stato di 309 persone tra giovani e meno giovani.

I danni del terremoto sono stati devastanti : morti, feriti , sfollati ,e dieci miliardi di euro di danni… .

Ormai sono 10 anni da quel terribile giorno, e, la città non è più la stessa e forse non lo sarà mai:  ancora con i resti delle macerie e ricostruita per metà . 

Rinascere come comunità cittadina non è facile , tuttavia in questi anni diciamo che si sta reinventano anche se molto lentamente: il centro storico e ancora inagibile , molti paesi limitrofi aspettano ancora la ricostruzione e ancora migliaia di  persone vivono nei così detti palazzi “new town” , cioè quei quartieri che Berlusconi fece costruire subito dopo il terremoto per evitare di lasciare i cittadini nelle tende.

Si è partiti in quarta nel voler ricostruite nel giro di pochi anni una città come L’Aquila,  per evitare che morisse lentamente e ci ritroviamo così, con una città ricostruita a metà.

Ci avviciniamo al decennale del terremoto e ci chiediamo a che punto è la ricostruzione? Qual è il resoconto di questi dieci anni? Come hanno agito i governi che si sono alternati in 10 anni ? Berlusconi doveva risolvere tutto in poco tempo poi… è passato lui, il governo Monti e una serie di governi, uno peggio dell’altro.

“Le case distrutte saranno tutte rialzate, così come beni artistici,” i tempi saranno solo di mesi”, “l’ Aquila tornerà come prima” queste le frasi che venivano ripetutamente citate, ma, già solo pensare di ricostruire un centro storico abitato da residenti e studenti , esattamente com’era prima del sisma del 6 aprile 2009 fa sicuramente piacere sentirlo dire , ma risulta una frase azzardata, e difficilmente realizzabile.

Le scosse sismiche nel corso di questi dieci anni si sono ripetute più volte, sommate a ritardi, confusione e  promesse mancate, ostacolano la ricostruzione privata non ancora terminata per la mancanza di 2 miliardi e mezzo di euro; mentre differente  e più grave è la situazione della ricostruzione pubblica ancora più arretrata . Stessa sorte per le frazioni dell’Aquila, tristemente abbandonate a se stesse , a partire dal paesino di Onna che dieci anni fa fu epicentro del terremoto. Sicuramente è vergognoso come il governo tratti questi cittadini dopo che hanno perso tutto.

L’obiettivo dichiarato in Parlamento è “ il completamento dei lavori, solo per il capoluogo, nel 2022”. Staremo a vedere visto che buona parte delle ricostruzioni la dobbiamo alla solidarietà e al lavoro di tante associazioni di volontariato…

Dieci anni faticosi, difficili, pieni di previsioni e pensieri negativi e la paura di una “morte” di questa città. Un percorso tortuoso che dopo la tragedia era iniziato con le migliori intenzioni, perse poi negli anni.

Con il passare dei mesi, però, le grandi promesse di ricostruire tutto in cinque anni si sono scontrate con i problemi legati alla legislatura, alla burocrazia imposta dal percorso di ricostruzione che hanno portato a rallentare, se non a bloccare del tutto in certi casi, la rinascita della città.

Il problema non credo sia nei finanziamenti, poiché ce ne sono stati molti, il dilemma sta nel fatto di sapere dove vanno a finire tutti questi soldi ,anziché ai diretti terremotati . C’e anche da dire che non c’e molta organizzazione nel affrontare una catastrofe naturale; invece che nominare politici il cui scopo è solo prendere soldi , bisognerebbe dare il comando a qualche comandate dell’esercito  che si occupi effettivamente della ricostruzione.

In una Italia sempre più ferita e sismica c’e bisogno di prevenzione e sicurezza e sopratutto di uno Stato italiano vicino al suo popolo.

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