Di Matteo Schiaffini.
“Il mondo ci sostenga o si prenda i rifugiati”. E’ questo il ricatto del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, una pallottola in canna di una beretta, ancora fumante, impugnata dal sultano puntata contro l’Europa. Europa che deve ancora decidersi sulla seconda tranche da 3 miliardi di euro ( 2 mld attraverso il bilancio europeo e 1 mld attraverso i contributi degli stati membri). Seconda parte del finanziamento europeo istituito nell’ ottobre del 2016 (3 mld di euro validi per il periodo 2016-2018), un accordo tra UE e Turchia, chiesto e ottenuto dalla Germania al fine di bloccare i flussi migratori provenienti dai balcani.
Stessa situazione che ormai viviamo da due anni in Libia, dove il governo libico di Al Serraj, riconosciuto dalla UE, a intervalli di tempo ci fa sapere che ha bisogno di altre motovedette, gommoni, vetture, autobus, apparecchiature, ambulanze,cioè di denaro. Respirammo tutti un sospiro di sollievo quando nel 2017 il ministro dell’interno Marco Minniti andò il Libia con borse piene di soldi e travestì in guardia costiera quelli che fino a quel momento erano stati trafficanti di esseri umani. L’importante era diminuire il numero di migranti che arrivasse sul nostro territorio, (obbiettivo raggiunto ancor di più da Salvini) senza vederli ovviamente, d’altronde occhio non vede cuore non duole. Cosi ci siamo dimenticati che tipo di uomini fossero chi adesso fa parte della guardia costiera libica, ci è voluta l’inchiesta di Avvenire sui maltrattamenti e le torture in quei campi profughi, per rammentare ciò che prima sapevamo ma che abbiamo nascosto e ignorato fino a ieri. Dopo due anni, purtroppo, rimaniamo ancora paralizzati di fronte al ricatto delle fazioni libiche, sempre con il coltello dalla parte del manico.
Questo è solo il frutto di una politica basata esclusivamente sulla logica del danaro,( non ci dobbiamo stupire se poi soccombiamo ai ricatti di altri stati) una politica che se ne infischia della condizione delle persone e degli atroci destini che hanno segnato uomini, donne e bambini.
L’unica via di uscita è quella di affrontare il tema complesso della migrazione in termini unitari-umanitari e non in modi prettamente economici-individuali; iniziare un processo che porti ad una politica europea comune, che sappia fronteggiare queste crisi e sappia rispondere in maniera decisa, unica, autorevole e non nel solito modo timido, frammentario, caotico dove ognuno si cura il proprio orticello e si disinteressa di problemi che riguardano tutti noi. Fino a quando non cambierà questo paradigma saremo sempre gli attori passivi di questa messa in scena, ipocrita, che si gioca sulla pelle delle persone.

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