Di Simone Ferri.Nei suoi brani infatti, risiede il modo di esprimersi e il senso di appartenenza verso la capitale. Per chi ha origini come lui, diventa quasi scontato ritrovarsi nei suoi pezzi. Dietro un paio di occhialoni si nasconde un colosso di 1,90 m, ex giocatore di basket. Carlo Luigi Coraggio, più noto come Carl Brave, 100% romano, originario di Trastevere, luogo di movida, caos e shot a basso prezzo; proprio in questa zona ha cominciato a calpestare i primi sampietrini, molto ricorrenti nei suoi testi.Carl, per gli amici Carletto, è un rapper (se così può definirsi) in grado di saper raccontare e descrivere la città natale attraverso le sue canzoni.
Pochi i dettagli sulla sua vita privata, anche perché è una persona molto riservata e raramente si espone.

Ha iniziato ad acquistare una certa notorietà quando ha duettato con Franco126 nell’intero album “Polaroid”, dove ogni canzone è accompagnata da una foto scattata proprio con questa particolare macchinetta. C’è stata subito molta sintonia da parte di entrambi e da lì si è accesa la scintilla, ha cominciato a suscitare interesse.

L’ex playmaker del Marconi Basket, squadra nella quale giocava da ragazzo, romanza la quotidianità della Roma nella quale vive, i pregi e i difetti, i modi di dire e di fare diffusi tra i giovani d’oggi. Le sue frasi ormai, sono divenute aforismi che vengono recitati quasi inconsapevolmente dagli adolescenti.
Ora ha acquisito la giusta maturità tanto da comporre 2 album da solista negli ultimi 2 anni: “Notti Brave” e “Notti Brave After”. In questo percorso ha trascinato con sé artisti della città romana del calibro di Max Gazzè, ma anche altri fuori dal raccordo anulare come Elisa Toffoli, Francesca Michielin e Fabri Fibra, che hanno partecipato in alcune canzoni.

“Carletto” si identifica come una falena ed è per questo che il suo primo disco è stato scritto completamente di notte, facendosi un giro nel suo quartiere o per le vie del centro; da lì nascono le idee, gli spunti, le emozioni per produrre e per riempire quel foglio bianco.
Il fine di questo percorso è raccontare l’Urbe, con la sua vita frenetica, contro la quale si scontrano i ragazzi di 20-30 anni, il Tevere e il suo ingiallire, i sampietrini nei quali ha mosso i primi passi, i vicoli, le basiliche e i pub…insomma elogiare e rendere speciale la Caput Mundi, spesso criticata e degradata.
La incornicia come la città della storia, che sogna e non smette di vivere; è la città di chi è fiero di esserci nato e cresciuto, e quindi la porta dentro di sé. Emblema di tutto ciò è la traccia chiamata “Pub Crawl”.
Dunque sotto quel camicione aperto, c’è un cuore che batte follemente per la sua amata madre: mamma Roma.

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:Costume