Di Giorgia Perrotta.Centodieci centimetri per cancellare la storia.

Ecco l’altezza raggiunta dall’acqua all’interno della Basilica di San Marco, luogo simbolo di Venezia.
Un’opera architettonica custode de sculture e quadri dal valore culturale e storico inestimabile, ora in balìa della forza distruttrice dell’acqua; da quando, nei giorni scorsi, un violento alluvione ha portato le lagune di Venezia ad innalzarsi di circa un metro e mezzo. Nessuna tregua è stata concessa alle vite dei suoi abitanti, di coloro che hanno trovato sconvolti tutti i tasselli faticosamente impilati per costruire le proprie vite.

Tuttavia, non è solo la vita e dei singoli ad essere stata travolta e stravolta, perché le già delicate condizioni del patrimonio cittadino hanno visto spezzarsi l’equilibrio che permetteva la sopravvivenza di opere d’arte, documenti e monumenti storici, che sono il cuore e le fondamenta di questa città.
Fortunatamente, di fronte alla corsa per salvare il possibile, rapida e diffusa è stata la risposta di cittadini ed esperti da tutta Italia. Significativo è l’appello diffuso nei giorni scorsi, rivolto ad esperti e restauratori nel tentativo di salvare parte degli spartiti recuperati dall’archivio del conservatorio “Benedetto Marcello”, nei quali sono irrimediabilmente andati persi pezzi di grande importanza per la storia della musica.

Il grosso problema di questo episodio, che ha colpito anche chiese, musei, archivi e depositi, è che si tratta di acqua salata. Pittura, Scultura e Architettura temono il sale ed il suo effetto corrosivo; così, anche ad emergenza passata, il lavoro necessario a contenere i danni dell’acqua salata, più che quella dolce, sarà immenso.

La domanda, pensando al futuro, sorge spontanea in un paese come il nostro, tanto ricco quanto poco valorizzato: Quanto durerà l’interesse nell’aiutare le persone e la città? Quanto, questo episodio, che si aggiunge a tanti altri, attirerà l’attenzione sulla delicatezza del nostro patrimonio? 

In italia, secondo un dossier di Legambiente, ci sono ben 28.483 siti a rischio alluvione, eppure nulla si sta muovendo in direzione precauzionale. Piuttosto che investire sulla prevenzione, il governo, indipendentemente dai suoi colori, finora ha dimostrato di preferire sbraitare e promettere di fronte a vite sconvolte e spezzate, di fronte a resti e danni incalcolabili. Per ora, quindi, restiamo il paese delle scuse a danni fatti, potendo solamente sperare che le cose cambino e che accresca la consapevolezza che la vera ricchezza dell’Italia è nella sua terra e nell’eredità artistico-culturale che qui abbonda.

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