Di Miriam Di Vincenzo. Il diritto all’informazione è una pietra angolare della democrazia. È di interesse pubblico essere informati, solo tramite l’informazione i cittadini possono esprimere al meglio i propri diritti. Lo scorso tre maggio, durante la giornata mondiale della libertà di stampa, l’Italia retrocede dal 41° posto al 46° posto. Evento allarmante per un paese europeo. La libertà di stampa è sempre stata un elemento pericoloso per ogni tipo di potere, se ripercorressimo i secoli precedenti, per esempio il periodo del fascismo in Italia, perfino la pubblicazione di necrologi sui giornali era vietata. Cronaca nera e fatti altrettanto pericolosi per la quiete pubblica erano proibiti. Oggi il rapporto accurato del Report senza frontiere (RSF) sulla libertà di stampa, ci esamina innumerevoli problematiche che mettono a rischio la libertà di stampa: i governi non riescono più a proteggere il giornalismo. Un numero crescente di governi e autorità politiche non sta svolgendo il proprio ruolo di garanti di un miglior ambiente possibile per il giornalismo e per il diritto del pubblico a notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate. In Italia il tentativo da parte di Antonio Angelucci, detto Tonino, parlamentare prima di Forza Italia e ora della Lega per Salvini Premier, di acquisire l’AGI (Agenzia Giornalistica Italia). Tale situazione è preoccupante perché una politica che tenta di partecipare attivamente al sistema informativo porta alla diminuzione del pluralismo ed è anche eticamente scorretto in quanto porterebbe la produzione di notizie parziali. Infatti, nel momento in cui sei un politico, un rappresentante dei cittadini, la notizia perde di credibilità, e anche la figura del politico.
Il rapporto di RSF dichiara che i giornalisti italiani spesso cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testa giornalistica, sia per evitare le cosiddette procedure SLAPP o nei casi giudiziari il ripristino della “legge bavaglio” sostenuto dalla coalizione di governo del primo ministro Giorgia Meloni, che vieta la pubblicazione di un ordine di detenzione provvisoria fino alla fine dell’udienza del tribunale preliminare. In Italia incidono una serie di fattori a rendere il quadro più difficile che in altri paesi UE: la crisi del settore, il panorama normativo – in Italia la diffamazione è un illecito penale e può comportare il carcere (nonostante l’UE ha dichiarato che un giornalista non deve essere soggetto a detenzione o multa dato che si rischierebbe nell’autocensura del professionista)– l’eccessiva lunghezza dei processi, l’alto livello di insicurezza occupazionale e contrattuale, soprattutto dei giornalisti indipendenti, freelance o che lavorano per piccole testate a livello locale, la cui voce è tanto più importante nel far emergere storie dai margini o ignorate dai media mainstream.
A causa della crisi economica, i media dipendono sempre più dalle entrate pubblicitarie e dai sussidi statali. La stampa sta affrontando un graduale calo delle vendite causando una crescente precarietà che mina all’autonomia e al dinamismo del giornalismo.
Per concludere, un altro elemento che, ancora oggi, compromette la libertà di stampa è la mafia, gruppi estremisti violenti, in particolare nel sud del paese.
I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata e sulla corruzione sono automaticamente minacciati e talvolta sottoposti a violenza fisica per il loro lavoro investigativo.
Oggi si contano 250 giornalisti sotto vigilanza di cui 22 sotto scorta perenne. L’Italia è il paese con il più alto tasso di giornalisti morti per mano della mafia.
È lungo, lunghissimo l’elenco dei giornalisti uccisi dalla mafia ed è impossibile raccontare tutte le loro storie, ma sono tutte legate da un unico filo: storie di vite spezzate, storie di giornalisti colpevoli di aver raccontato la verità, di aver informato i cittadini. Per tutti lo stesso copione, vengono uccisi con il piombo poi con il fango. Si tenta di delegittimarli, un suicidio come nel caso di Peppino Impastato, una storia d’amore, forse debiti, delegittimando la vittima si delegittimano le sue inchieste in alcuni casi la verità arriva dopo 20 anni in altri mai.
Come diceva Peppino Impastato “la mafia è una montagna di merda!” ed essendo un fenomeno umano un giorno finirà. Ma quando arriverà questo giorno? E soprattutto arriverà il giorno in cui saremo pronti ad ascoltare tutte le verità, anche quelle più scomode?