Di Fabiana Donato. Grinta, caparbietà e coraggio, sono armi che non possono mancare nell’arsenale delle Giornaliste, con la “G” maiuscola. Quando la parola può tagliare più di un fendente, e difendere un pensiero è combattere  senza paura di pregiudizi, le donne non si tirano indietro. Nella società maschilista, il giornalismo rosa vanta di conquiste formidabili: giornaliste che non hanno mollato.

Usare le parole non è facile, hanno un peso che va misurato, e una volta che hanno centrato il punto, non possono essere condannate solo perché sono state dette da una donna. Saputa e innegabile, è l’idea comune che quando le giornaliste dicono qualcosa di scomodo, non sanno fare il loro lavoro. “Dal letame nascano i fiori” cantava Fabrizio De André in Via del Campo. Dalla società maschilista, nascono le donne che fanno quello che pensano. La presunzione può essere utile quando diventa ambizione, cioè quando si trasforma in quell’arroganza di sete di conoscenza e del non lasciar scappare la notizia. Costi quel che costi, nessuno ferma le giornaliste: le peggiori testarde che esistano sulla faccia della terra. Quelle che quando le dici di star zitte, urlano, e quando le si vuole schiacciare, brillano. Le donne lo sanno, e hanno saputo essere intelligentemente presuntuose tutte quelle donne che del giornalismo nella società maschilista, hanno saputo cogliere il vero valore. Tra i grandi esempi abbiamo:

Oriana Fallaci, scrittrice, giornalista e attivista italiana. Da giovanissima partecipò alla resistenza italiana, divenendo anche la prima donna ad essere inviata speciale al fronte. La stessa che, anni dopo, tolse lo chador durante l’intervista all’Ayatollah Khomeini e, facendo domande dirette, lo chiamò con il suo nome: tiranno. Perché la donna se il velo non lo vuole indossare, lo mette via;

Anja Niedringhaus è stata l’unica donna fra gli 11 fotografi dell’Associated Press ad aver vinto nel 2005 il Premio Pulitzer per la fotografia come giornalista di guerra in Iraq;

Katharine Meyer Graham fu il publisher del Washington Post durante il Watergate;

Margaret Bourke-White è stata la prima fotografa straniera a documentare l’industria sovietica in tempi di guerra
fredda, la prima fotogiornalista donna di guerra e la prima fotografa di Life;

Ethel L. Payne è la “first lady della stampa nera”, ed è diventata la prima donna afroamericana assunta come commentatrice da una rete nazionale, era la CBS, ed era il 1972.

Marguerite Higgins, seguì i combattimenti della Seconda Guerra mondiale, assistette alla liberazione del campo di Dachau e fu presente al Processo di Norimberga. Raccontò gli scontri della Guerra in Corea, recandosi subito sul posto, e nonostante l’espulsione, perché fu rispedita indietro, non si lasciò intimidire dalla pericolosità della situazione. Tornò, e questo lavoro la fece diventare la prima donna a vincere il Premio Pulitzer , nel 1951.

Emergere in una società individualista e maschilista non è facile. Dove il sesso è occasione di discriminazione e il genere è considerato una diminuitio, la sfida verrà sempre accettata dalle donne che non hanno mai mollato.

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