Di Riccardo Fermani. Queste le parole di Ernesto De Fazi, ex responsabile scuola per il comitato regionale laziale, che inquadra lo sport, insieme alla famiglia e alla scuola, come uno dei momenti educativi attraverso i quali i ragazzi si formano

“Con lo sport il bambino impara ad auto-controllarsi, esce dall’abbraccio materno e diventa capace di gestirsi autonomamente, quindi di prendere decisioni. Ecco perché lo sport dovrebbe essere un aspetto più importante e centrale nella formazione dei ragazzi. Purtroppo nella scuola di oggi, tutto ciò non avviene ma al contrario, discipline come educazione fisica, musica e le arti sono dimenticate. L’ importante è imparare a vivere, poi impariamo anche la matematica e l’italiano. Ma chi è che ti fa imparare a vivere? Non certo la teoria o alcune formule imparate a memoria, ma al contrario proprio le materie pratiche.”

Infatti, l’incontro tra la scuola ed il rugby va ricercato e favorito con la consapevolezza che queste due “entità” possono essere estremamente utili l’una per l’altra, in quanto ci sono delle sensibilità che la scuola possiede e che sono profondamente vicine alla cultura rugbistica, come per esempio: evitare una eccessiva agonisticizzazione, che oltre a contrastare con i fini formativi, risulta essere una delle principali cause dell’abbandono sportivo e che va affrontata, in un’ottica educativa, affinché lo sport diventi un contributo duraturo al benessere personale. Inoltre un progetto di sport nella scuola deve prevedere il coinvolgimento di tutti gli alunni e alunne  anche con diverse abilità o con DSA e sapersi perciò orientare anche in presenza di queste situazioni, cogliendole anzi come opportunità di crescita per il gruppo e per il tecnico/educatore stesso. Alla base di tutto ciò è importante ricordarsi che la collaborazione del tecnico, che svolge la funzione di educatore, deve essere finalizzata innanzitutto al raggiungimento degli obiettivi educativi della scuola, per dare un contributo alla formazione del cittadino.

Il rugby, come sostiene il professore Ernesto De Fazi, può inserirsi nel programma di formazione sulle competenze che l’alunno deve raggiungere negli anni scolastici, in quanto, grazie ai valori che questo sport possiede, il ragazzo apprende ad utilizzare gli aspetti comunicativo-relazionali del linguaggio motorio per entrare in relazione con gli altri, praticando, inoltre, attivamente i valori sportivi (fair play) come modalità di relazione quotidiana e di rispetto delle regole. Diventa capace di integrarsi nel gruppo, di assumersi responsabilità e di impegnarsi per il bene comune. Riconosce, ricerca ed applica a se stesso comportamenti di promozione allo “star bene “ in ordine ad un sano stile di vita e alla prevenzione. L’alunno acquisisce quindi, consapevolezza di sé attraverso la percezione del proprio corpo e la  padronanza degli schemi motori e posturali nel continuo adattamento alle variabili spaziali e temporali contingenti. Ma soprattutto attraverso un progetto di rugby nelle scuole i ragazzi  parteciperebbero attivamente alle varie forme di gioco organizzate in forma di gara, collaborando con gli altri. Rispetterebbero le regole nella competizione sportiva e accetterebbero la sconfitta con equilibrio e più importante di tutto vivrebbero la vittoria esprimendo il rispetto nei confronti dei perdenti, rispettando le diversità e manifestando senso di responsabilità.

Da qualche anno a questa parte, la F.I.R. (Federazione Italiana Rugby) si sta battendo molto su questa tematica ponendosi come obiettivo, proprio l’espansione capillare del gioco del rugby e l’affermazione di un prodotto attrattivo di grande valore educativo e sportivo; affinché i valori culturali e sportivi del “Gioco del Rugby” possano contribuire in maniera significativa al processo educativo degli italiani.

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