Di Concetta De Giorgi . In Italia l’occupazione è tra le più basse di tutte le economie avanzate. Secondo l’ISTAT: Nel mese di ottobre 2019 in Italia gli occupati sono aumentati di +46 mila unità, segnando una crescita dello 0,2% rispetto al mese precedente. A rilevarlo è lIstat, che ha reso noti i recenti dati relativi alloccupazione, il cui tasso è salito al 59,2%. A scendere è invece il tasso di disoccupazione (9,7%): le persone in cerca di lavoro sono diminuite di -44 mila unità nellultimo mese, 269 mila in meno in 12 mesi (fonte: https://slabitalia.it/istat-loccupazione-e-in-aumento-gli-ultimi-dati-su-occupati-e-inattivi/).
Sembra a prima vista tutto roseo, ma non è cosi in quanto questi dati non tengono conto delle migliaia di persone che nel frattempo hanno perso il proprio posto di lavoro o che sono finite in cassa integrazione vedi il caso uno tra gli ultimi ILVA.
Nel frattempo, i tanti dipendenti pubblici e privati vicini al pensionamento si vedono sfumare questo traguardo per l’incertezza del domani, d’altro canto ci sono tanti giovani che non riescono neanche ad avvicinarsi ad un lavoro che li possa permettere di vivere in modo dignitoso. Pertanto, molti giovani sono costretti per motivi economici a dipendere e a vivere fino a tarda età sulle spalle dei propri genitori se nonché anche questi ultimi alcune volte per assurdità sopravvivono con la pensione dei loro genitori (i nonni dei giovani).
Una così fatta realtà porta a domandarsi quale futuro dovranno attendersi questi giovani dopo centinaia di tirocini o lavoretti sottopagati, dopo aver fatto la cosiddetta “gavetta” per divenire plurispecializzati,alcune volte troppo per poter accedere a quell’agognato posto di lavoro.
Sicuramente la fiducia non si accresce con dei dati che non tengono conto che per tenere il passo e far sì che effettivamente ci sia una vera accelerazione nell’assunzioni queste dovrebbero essere superiori ai licenziamenti.
La realtà che il nostro mercato del lavoro è saturo e che le piccole e medie imprese soffocate dalle tasse e dai pochi aiuti o investimenti pubblici, preferiscono investire trasferendosi all’estero dove la manodopera costa di meno ed anche le materie prime non importa se alla fine risultano essere anche di basso livello.
In tutto questo i giovani con voglia di fare e di crearsi un futuro migliore scappano dall’Italia per costruirsi una possibilità lavorativa dove potranno finalmente essere valutati, stimati e pagati per il loro effettivo valore. Il nostro panorama non offre nessun futuro, ecco la cosiddetta fuga dei cervelli.
Esistono anche casi di tanti giovani che preferiscono vivere di espedienti oppure utilizzare tutte le varie forme di aiuti economici che può offrire lo Stato in quanto delusi e sfiduciati dopo svariati anni di concorsi pubblici magari risultando anche vincitori, ma le stesse graduatorie si sono poi concluse per decorrenza dei tempi.
Il futuro lavorativo offerto ai giovani risente di strutture ataviche fondate su relazioni di clientelismo che ancora fanno parte della nostra società che invece di offrire ai meritevoli il giusto posto di lavoro li confina ai margini della stessa società, sarebbe ora di applicare il primo articolo della Costituzione Italiana:”L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul lavoro…”

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