Di Ilaria Cerbino. Sembrava avere tutte le carte in regola per sfondare, ma La Luna Nera non ce la fa: non strega e non ammalia.
Una serie tutta italiana basata sui romanzi tratto dall’omonima saga letteraria di Tiziana Triana, Le città perdute.
Si è presentata come una serie all’avanguardia, con la voglia di sfondare, innovare e dare una possibilità al fantasy italiano; la produzione italiana di Netflix ha accettato la sfida, ma l’ha persa clamorosamente.

Ambientata nel ‘700, in un’epoca dove il fanatismo religioso regna sovrano. In un villaggio, Ade e la nonna sono due allevatrici, ma dopo un parto complicato vengono accusate di stregoneria. Inizia così una vera e propria caccia alle streghe che porterà al rogo una delle due, la nonna. Ade è costretta insieme al fratello a scappare, aiutata da Pietro, il suo amato non che il figlio di colui che ha iniziato la persecuzione.
La sua fuga la porta a trovare rifugio nel bosco, dove una congrega di streghe le insegnerà tutto ciò che c’è da sapere convinte che Ade sia la strega designata dalla profezia della Luna Nera.
La Luna Nera nasce come progetto per prendere il via alla scia delle serie tv internazionali, una di quelle che avrebbe dovuto far parlare di sé nel mondo, una serie che avrebbe dovuto innalzare l’orgoglio italiano in questo settore.

Ma qual è stato il problema?
Problemi di budget? Non era quello il problema, le possibilità economiche c’erano. Forse i luoghi scelti? Non diciamo sciocchezze, l’Italia ha luoghi incantevoli, piena di borghi affascinanti e tutto ciò che serviva per la scenografia e l’ambientazioni richieste dalla trama.
Sicuramente non colpisce la recitazione degli attori, non danno spessore ai personaggi né tanto meno carattere. I dialoghi faticano ad esistere, completamente vuoti e senza pathos, sembrano non voler comunicare è tutto fin troppo esplicito.

La trama è forzata, ridondante e vista e rivista: abbiamo una storia d’amore ricorda l’ennesima rivisitazione alla Romeo e Giulietta, un’altra volta la lotta tra il bene e il male, ma senza quel pizzico di novità che serve per conquistare il pubblico. La cosa ci dispiace, perché le sceneggiatrici sono Laura Paolucci e Francesca Manieri, che hanno firmato titoli come Gomorra giusto per citarne una.

Inoltre, tra le righe vediamo che la serie tv si fa carico di un’ambizione troppo grande: per quanto riguarda le tematiche sembra puntare decisamente troppo in alto, troviamo allegorie forti quali l’oppressione femminile, la persecuzione, l’emancipazione e il ruolo della donna nella società. Tematiche molto forti, specialmente di questi tempi, ma che nella serie vengono buttate a caso all’interno di una trama già debole solo per cercare di darsi un senso di profondità.
La produzione non convince, ci sono serie autoprodotte su YouTube che convincono decisamente di più.
La Luna Nera delude completamente, specialmente chi attendava una produzione nazionale all’altezza delle Big Serie, soprattutto da quando Netflix spinge forte sulle produzioni locali, la curiosità e l’attesa è molto intensa.

Perché l’Italia ancora non è riuscita in questo settore? Cosa ci manca per produrre la “Grande serie made in Italy”?
Ce lo stiamo chiedendo tutti in sala.

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