Di Francesca Sofia Rizzo. Le donne italiane che hanno fatto la storia e hanno fatto di sé delle icone riconosciute in tutto il mondo sono molte e hanno attraversato i campi più disparati. Basti pensare a dive del cinema come Sophia Loren o Anna Magnani, esempi di due modi differenti di essere donna e attrice, entrambe straordinarie. Nel mondo della scienza non si può non pensare all’astrofisica Margherita Hack o il Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini. E ancora, l’esempio dell’eccellenza italiana riesce ad andare anche oltre i limiti dell’atmosfera terrestre: Samantha Cristoforetti, classe 1977, è un’aviatrice, ingegnere, astronauta italiana, prima donna italiana negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea, oltre che, nella sua vita ”terrena”, anche mamma.

Quando si parla di donne italiane non possono però non emergere nella mente di un osservatore esterno, anche una serie di stereotipi che, veri o meno, sono occasione di riflessione per chi invece vive dall’interno la società italiana.
Tra i pregi, o difetti, a seconda del punto di vista, la donna italiana sembrerebbe distinguersi per un’attenzione quasi maniacale per il look. Una donna desiderosa di apparire e di essere valutata e giudicata anche in base a ciò. Sarà perché l’Italia è il paese della moda, dove donne come Elsa Schiaparelli o Miuccia Prada hanno lasciato un segno nella storia, per cui lo stile e l’eleganza vengono spesso scelti a sfavore della comodità, priorità in altri paesi; o sarà perché in una società ancora così profondamente maschilista si fatica a lasciarsi alle spalle la mentalità della ”valletta”, di chi vede le donne come ornamenti ”bellissimi” che possono solo aspirare ad essere a fianco a grandi personalità maschili, non dimenticandosi di ”stare un passo indietro”, per citare l’infelice e recente espressione del presentatore Amadeus.

Ma le donne italiane sono anche note all’estero per la loro caparbietà e passione. E questo si riflette nella loro capacità e tendenza a voler gestire perfettamente lavoro e famiglia, senza escludere né l’uno né l’altro. Questo è un sacrosanto diritto di ogni genitore, quello di non dover rinunciare alla carriera per la famiglia. Lo stesso si potrebbe dire del contrario, ma le inique differenze tra uomo e donna in campo lavorativo in Italia rendono utopistico un vero equilibrio, considerato anche lo scarso supporto delle istituzioni: il costo eccessivo delle strutture assistenziali come gli asili, ad esempio, non permette di ritagliarsi del tempo libero e di progredire nel lavoro. Ad ostacolarle ci pensano anche la scarsa attitudine dei padri a prendersi cura dei figli e la ridotta disponibilità delle aziende a conceder loro congedi di paternità.

La donna italiana è perciò anche vista come la mamma per eccellenza, che fa della famiglia il cardine della propria esistenza, una mamma chioccia che fatica ad allontanarsi dai figli. Dati statistici infatti dimostrano come nel Bel Paese i figli lascino la casa dei propri genitori molto più tardi rispetto ai propri coetanei del nord Europa, ad esempio; ma anche qui entrano in gioco fattori socio-economici non indifferenti, che contribuiscono ad alimentare uno stereotipo che ormai va stretto.

Quel che più appare vero è tuttavia che la donna italiana, seppur con le specificità, non sia così diversa, soprattutto nell’età della globalizzazione, da altre nel mondo. Né tantomeno è possibile racchiudere sotto un’etichetta la diversità di oltre 30 milioni di donne italiane, ciascuna con la propria persona che non può essere incasellata in uno stereotipo, solo perché hanno in comune il genere e la nazionalità. La cultura comune ha il suo peso, ma il concetto di cultura è molto più fluido di quanto si possa pensare e non può essere arrestata nel suo continuo movimento, né limitata ad un’area geografica.

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