Di Alessio Rotondo. Silenzio per giorni, rapporti internazionali verbalizzati da tutti tranne che dal coordinatore per eccellenza, il ministro degli esteri, Luigi Di maio. Mai effettivamente al comando del suo ministero, mai al centro del governo italiano, Di Maio si è dimostrato un leader non incidente sul palcoscenico politico. Oscurato da Salvini prima e da Conte dopo, in questo momento di emergenza sanitaria in cui poteva dimostrare il suo valore, ha taciuto per poi immettersi in tv pronunciando con un inglese improvvisato, coronavirus. Mentre il mondo chiude le porte, isolando l’Italia, il ministro non riesce a trovare accordi cin nessun capo estero, non riesce a dialogare e tranquillizzare i ministri esteri sulle situazioni di emergenza italiane. L’Italia, paese di poeti, santi e navigatori, oltre ad essere etichettato come paese untore del mondo, non riesce ad avere un ministro degli esteri in grado di dire, ora basta con la propaganda politica, ora sediamoci ad un tavolo.
Con il sorriso sul volto e con aria da triste malinconico, Di Maio perde colpi su colpi abbandonando la leader del movimento 5 stelle e non prendendo il paese per mano e trascinarlo ad uscire dalla crisi.
Dopo esser diventato il leader del primo partito italiano (nelle elezioni del 2013) “giggino”, non ha solo peccato di timidezza, ma soprattutto di presunzione. Senza pratica amministrativa, pretendevano (e qui tutto il movimento) di conoscere le cose con la sola dialettica, superando lo studio della cosa pubblica. Al grido di “onestà, onestà” ha aperto il parlamento come una scatoletta di tonno, per poi divenire il tonno nella scatoletta, conformandosi al sistema politico ed economico, senza considerare che il vero politico onesto è il politico capace, come diceva Benedetto Croce.Predicando onestà, accusando politici ed imprenditori ha preso la sua poltrona, il suo posto da dirigente per cambiare il Paese, cambiando nella realtà solo la sua condizione economica, da bibitaro a borghese.

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