Di Giulia Orsi. Film di esordio da regista di Pietro Castellitto, “I PREDATORI” è una commedia esilarante che sfrutta la storia di due famiglie messe a confronto che da un certo momento in poi della narrazione si intrecceranno. La pellicola ha vinto il premio come miglior sceneggiatura nella sezione Orizzonti alla 77esima edizione del Festival di Venezia  ed è ritenuta dalla critica come “una bomba”, “ un film feroce, divertente ed esilarante” ed ancora “la vera sorpresa del festival”. Castellitto si cimenta in una impresa notevole per essere alle prime armi, forse influenzato da un suo background culturale riesce a non essere mai scontato, sempre innovativo occhieggiando ad un certo tipo di costruzione cinematografica tipicamente americana. Introduce prima fra tutti le difficoltà che vivono due famiglie, i Vismara, fascisti, violenti e proletari che navigano su una zattera immaginaria  in un mare di solitudine, non emotiva, ma di abbandono istituzionale che li porta ad essere sempre arrabbiati, sempre sul piede di guerra, pronti a fuggire come animali braccati e costretti a guardare al fascismo con malinconia e rammarico, e i Pavoni, ricchi borghesi, artisti e benpensanti ma che fra tradimenti, libri da leggere e film da girare si ritrovano a combattere per uscire fuori da quella finizione, da quella realtà dorata che li opprime senza poter affermare ognuno la propria personalità. In che momento si incontrano questi due mondi? Quando un “predatore”, Vinicio Marchioni, bussa a casa Vismara ed estorce 1000 euro alla più anziana componente, una signora 90enne, per  la vendita di  un orologio commerciale. Le due famiglie si ritroveranno una in combutta con l’altra per spartirsi le colpe di questo spiacevole evento. Critica forte che emerge impietosa è quella legata alla comunicazione che avviene all’interno delle quattro mura domestiche. La lente di ingrandimento è principalmente sulle dinamiche dei Vismara: tutti sono frustrati da questo riscatto sociale che tarda ad arrivare, tutti hanno rancore fra loro. Il mezzo immediato per scaricare ciò che li attanaglia è la rabbia, anche nel più pacifico dei discorsi si finisce per aggredirsi, insultarsi, minacciarsi. Questa incapacità all’ascolto proviene indubbiamente da una indisposizione indotta da una storia famigliare ben radicata e standardizzata: i figli fanno i figli e non hanno ragioni, i grandi sono grandi e possono  fare paura. C’è, perciò, una assenza di prospettiva dialogica: e cosa resta per farsi capire e per farsi valere? L’esplosione delle emozioni nella maniera meno preponderata e canalizzata. Proprio per questo Castellitto mette in mano a questi disgraziati delle armi, alcuni le vendono altri le usano. Nel cinema italiano però non abbiamo la cultura delle pistole, come del resto non è un simbolo della nostra società, quindi la domanda sorge spontanea: cosa è cambiato? Potrebbe essere un parallelismo con i vari “Decreti Sicurezza” che ci hanno portato a pensare che è meglio un colpo di pistola che uno scontro verbale?! Ma anche i figli dei ricchi rappano parole di rabbia per dare voce alla piattezza satinata accompagnata da gesti apotropaici ed insulti. Insomma ci sono messaggi forti con sottigliezze stilistiche che inducono lo spettatore attento ad una esilarante ironia, tipo il flash forward iniziale che prende apertamente in giro il pubblico ma che poi sarà il filo conduttore del film. Se i cinema riapriranno fra meno di un mese questo non lo sappiamo ancora ma nella speranza che ciò accada “I PREDATORI” è davvero un film da non perdere.

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