Di Giulia Capobianco. In ginocchio sui sassi della città. In ginocchio con la voce spezzata, in cerca di un rimedio per reinventarsi, per andare avanti, per continuare a vivere questo mondo.

Lei è una ristoratrice. È una ristoratrice che ha deciso di inginocchiarsi sui sassi della città, con la mascherina, un cappotto caldo per la notte, davanti la sua attività. Non vuole mollare – dice, ma è stanca, la sua voce è spezzata, anche se piena di sé. Dice tanto anche solo con gli occhi, perché è in questo modo che da qualche mese a questa parte, riusciamo a comprendere chi c’è di fronte a noi. Solo dagli occhi, perché il volto è coperto dal un pezzo di stoffa di colore azzurro, che cattura e reprime la parola e dovrebbe proteggerci dalle grinfie di un virus che si è appropriato delle nostre vite.

Lei dice che non sa come fare. Lei dice che sta buttando giù mattone per mattone, quel grande palazzo costruito in una vita. Nel palazzo ci sono anche la sua famiglia e la sua squadra di grandi lavoratori. Ma se il palazzo crolla, dove finiranno le loro vite? “Mi hanno detto di reinventarmi, ma come faccio a reinventarmi? non so come mantenere la mia famiglia, non so come fare per continuare a vivere, perché non ho il modo di reinventarmi. Siamo noi i focolai del contagio? Nei ristoranti dove i tavoli sono ad un metro di distanza? Con la mascherina per andare in bagno, per entrare o per uscire?! I ristoranti sono i posti più controllati, bisogna applicare controlli e sanzioni, chi sbaglia paga!”.

Le parole sono dure, ma è la verità. La verità è che siamo in ginocchio, e non solo sul piano economico e sanitario, siamo in ginocchio a pregare di non chiudere le nostre attività. Siamo in ginocchio a pregare di aiutarci nel caso in cui la chiusura è l’ultima scelta, ma una scelta obbligata. E’ normale doversi piegare per farsi ascoltare? E’ normale secondo voi, dover pregare per essere aiutati in un mondo in cui l’aiuto nei confronti di chi ne ha bisogno è sempre stato in prima linea? L’Italia è in ginocchio, l’Europa è in ginocchio…tutto il mondo lo è. È ridotta a brandelli la speranza di un lavoratore che ha messo le sue forze e tutto il cuore per costruire un palazzo, come quello di “Lei”. È ridotta a brandelli la speranza di una giovane studentessa che ha dei sogni e degli obiettivi; è ridotta a brandelli la tenerezza di una bimba appena nata che non puoi prendere in braccio perché bisogna stare D I S T A N T I.

“Noi vogliamo lavorare” – grida Lei. “ La gente si suicida, io non sono complottista, non sono negazionista, ma ascolto chi dice che starebbe facendo di tutto, ma io questo tutto non lo vedo!”

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