Di Giulia Capobianco. Voce vibrante. Voce spezzata, che singhiozzava dal pianto. Non avrei mai immaginato fosse una chiamata che mi avrebbe fatto stare cosi in pensiero..che mi avrebbe sconvolto…Io che ho bisogno di certezze soprattutto in questo periodo mentre di colpo ho vissuto la precarietà del momento. Era una voce che avrei voluto sentire dal vivo, magari che accompagnasse un abbraccio. Ma non è stato così…c’era uno  telefono, crudele e beffardo ad impedire quell’abbraccio.

Uno squillo  quella sera. Ma non troppo, perché quando vedo il suo nome sullo schermo, non vedo l’ora di rispondere. Con il boccone strozzato in gola, e con la voce che faticava ad uscire per la gioia, l’emozione dell’attesa, dico “PRONTO SORELLAAAA”. Dall’altra parte un silenzio spettrale, quasi premonitore. Per un momento ho pensato stesse giocando. “Ma che fai? Hai voglia di scherzare?”. Ma lei di tutto aveva voglia fuorché di scherzare. Poi le lacrime…i singhiozzi…le parole che non escono…quasi bofonchiate. Ed io li: annichilita  da un pianto premonitore, più pesante di un macigno ma più loquace di qualunque parola. Poi la razionalità che prende il posto dell’emozione: “Forse è meglio che non torni a casa questo week end. Non sto bene sai, ho la febbre, raffreddore e tanta paura”. In altri tempi nessuno di noi avrebbe dato importanza  ad una comunicazione come questa. Ma ora è diverso. Ora c’è un killer che si nasconde: subdolo…insidioso…crudele…nefasto…spettrale…tanto invisibile quanto assassino. Con un nome in codice che ce lo ricorderemo per tutta la vita. Nessuno, prima di ora, avrebbe pianto per una febbre; e nessuno avrebbe reagito ad una telefonata con il cuore fermo e la paura che quel nome potesse essere pronunciato. men che mai da un familiare.  “Forse è meglio che stiamo lontane per un po’….forse è meglio che cerco di capire cosa mi stia succedendo”. Il mondo che ti cade addosso…la paura di quel nome che ti toglie tutto mentre  quel tutto ti esplode dentro…senza controllo… senza quella fredda razionalità che non può arrivare perchè si tratta di una sorella. “Non può essere…perché proprio a lei…cosa ha fatto di male….mamma…papà ..ora arrivo ” ripetevo dentro di me in modo convulso…..” ma arrivo dove?…a casa per starle vicino…per stringerla forte…per stringerci tutti e quattro in un solo abbraccio? Ma non posso farlo…non lo si può fare……stai sognando Giulia…stai impazzendo”. Si: forse è vero..c’è da impazzire. Ma anche i pazzi hanno una loro ragione. E la mia ragione diventa razionalità “magari è una febbre passeggera……non lo so devo aspettare….aspettare una sentenza…forse una condanna quando io ho sempre cercato assoluzioni..”

Tutto sembrava tormentarmi in modo insopportabile: fino a quando, qualche giorno dopo arriva un foglio bianco. La sentenza: attesa, aspettata. Quella che tutti in famiglia attendevamo e che mai, paradossalmente, avremmo voluto avere tra le mani. “N E G A T I V A”. Letta e riletta 100 volte: 100 singhiozzi liberatori…mille lacrime di gioia. Avrei voluto in quel momento gridare al mondo intero la mia….la nostra ……ma soprattutto la sua vittoria…e decretare quella sconfitta di quell’essere crudele e terribile. Stava bene mia sorella: sangue del mio sangue. Aveva vinto. Avevamo vinto! Lei stava bene,  è davvero forte come pensavo. Ora lo confesso: ho paura della febbre…poi passerà anche quella e torneremo a gestirla con una semplice tachipirina. Ma la paura più grande è stata quella di non poterle stare vicino…e vicino non è ancora abbastanza

 

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