Di Ilaria Furone . Un altro muro che cade nel calcio e non solo.

Capellli raccolti e divisa in rosa per la prima volta un arbitro donna dirige una partita di calcio in Champions Leauge. Torino, 2 dicembre 2020 – E’ una serata speciale per Stephanie Frappart, la trentaseienne francese fischia all’Allianz Stadium di Torino, fra Juventus e Dinamo Kiev. Un vero e proprio tabù che cessa di esistere.

Ha un passato da calciatrice ma la sua attenzione è stata attratta sin da sempre dalle regole del calcio. A tredici anni già fischietto al collo e cartellino rosso e giallo nel taschino della maglietta.

La Frappart però ha già stabilito altri record: prima donna ad arbitrare in campionato francese, ha diretto la supercoppa europea nel 2019 e lo scorso ottobre ha esordito in Europa League.

Mai viste così poche proteste, molto meno invadenti rispetto al solito, dichiara che il gioco rimane lo stesso  chiunque lo diriga, l’importante che le decisioni siano giuste. Certo la Frappart è una fuori classe, per le sue competenze e professionalità altrimenti non sarebbe arrivata in questo contesto “maschilista”. Da questo concetto potrebbe dare il via a una seconda, terza e cosi via, arbitre donne.

Attaccarla in quanto donna è un plus che in molti vorrebbero concedersi, ma il riserbo dell’arbitro è talmente assoluto, e la sua condotta arbitrale ineccepibile, che chi era pronto a puntare il ditino è rimasto senza.

Il suo esempio serve per tutte le ragazze che aspirano a fare questo lavoro, ma che per il pregiudizio di questa società hanno timore e non sono ascoltate.

Risultati che più alla straordinarietà aprono la strada alla normalità, quella di uno sport fatto di uomini e donne e soprattutto di professionalità.

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