Di Alessandro Gibertini.  Nel caso della Lazio si parla degli “Irriducibili”, almeno fino all’anno scorso. Ora sono comunemente definiti “Ultras Biancocelesti”. Ci sarebbe un lungo discorso da fare. Perché sì, danno spettacolo e guidano il tifo dei sostenitori della loro stessa squadra, trasmettendo la voglia di cantare e la grinta per raggiungere il trionfo. Ma d’altra parte, hanno dietro le loro spalle dei crimini e degli affari illegali. Non a caso, uno dei capi ultrà soprannominato “Diabolik” è stato ucciso a sangue freddo nell’agosto del 2019 per qualche soffiata di troppo. Questa è storia contemporanea. Sono due i tifosi che sono rimasti nei cuori della gente biancoceleste: Vincenzo Paparelli e Gabriele Sandri. Due ragazzi come tutti che magari si erano presi un giorno di pausa dal lavoro per godersi una partita, per staccare un po’ dalle responsabilità della quotidianità, ma che non sono mai tornati a casa. Ci vuole poco a passare da spettacolo ad incubo. Quando si parla di Paparelli, si fa riferimento ad una data precisa: il 28 ottobre 1979. Proprio in quella giornata, il trentatreenne morirà di fronte agli occhi increduli della moglie. In un derby si sa. C’è un prepartita intenso. Fumogeni, cori e tutto il resto. Vincenzo è seduto in Curva Nord nel momento in cui, da quella opposta, parte un razzo che, al contrario dei precedenti due, segue una traiettoria orizzontale per 150 metri. Si conficca nell’occhio del povero tifoso. Inutile è l’intervento dell’ambulanza e di alcuni tifosi accanto a lui. Viene identificato il colpevole: Giovanni Fiorilli. L’autore dell’omicidio passa un lungo periodo di latitanza prima di testimoniare il proprio delitto di fronte alla legge. Conclude la deposizione con: “Non volevo far del male a nessuno”. La storia di Sandri è differente, ma triste allo stesso modo. Corre l’anno 2007. È l’11 novembre quando un gruppo di ragazzi, incluso Gabriele, si stanno dirigendo a Milano per assistere alla trasferta Inter-Lazio. Fermatosi ad una stazione di servizio per riposare un attimo ed attendere altri amici partiti più tardi, trovano un gruppo di ragazzi juventini e scoppia una rissa (per qualche parola di troppo). Questo “movimento” attira l’attenzione di una pattuglia della polizia. I ragazzi risalgono in macchina e partono. Ma l’agente Spaccarotella, convinto che il gruppo di tifosi fosse un gruppo di rapinatori, scende dalla propria vettura e apre il fuoco, colpendo l’inerme Sandri mentre sta dormendo. Gli amici si rendono subito conto della grave situazione. Ma nonostante la prontezza, il povero 26enne non ce la fa. A lui viene dedicata una coreografia e la sua foto è protagonista di molti striscioni, tuttora.

 

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