Di Alessandro Gibertini. Un allenatore viene ricordato a Roma più per cosa ha significato per i tifosi che altro. In una piazza così emotivamente calorosa, non abituata a vincere grandi trofei o arrivare sempre nelle prime tre della classifica, la differenza la fa la “partita delle partite”, ovvero il derby. Sono tanti i tecnici passati alla storia proprio per questo match.

Appena si sente il nome di queste due squadre, si pensa ai trascorsi. Alle emozioni storiche. Ai personaggi iconici. E a tutto quello che ne segue e consegue. Dal 2000 in poi, si raggiunge l’apice di questi momenti, anche perché sono più vicini e rimangono impressi meglio nella memoria della piazza odierna. Come non citare Eriksson. Proprio nel centenario della Lazio lascia la panchina biancoceleste, avendo vinto uno scudetto nella medesima stagione e una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea in quella passata. Durante il suo ultimo anno come tecnico biancoceleste esce sconfitto per 4-1 al primo derby e vincitore al ritorno per 2-1. Fa da intermezzo Mancini, il quale porta a Roma, sponda biancoceleste, una Coppa Italia al termine dell’annata 2003-2004. Delio Rossi non è da meno. Parte male con i derby. Nella sua prima stagione perde e riesce a portare a casa massimo un pareggio. Successivamente, nell’annata 2006-2007, rifila un 3-0 pesante ai giallorossi, non andando oltre il pareggio al ritorno. Uno dei derby più divertenti va in scena il terzo anno consecutivo di Delio Rossi sulla panchina laziale. Azioni da una parte e dall’altra. I biancazzurri battono la Lupa per 3-2 in extremis con un gol di Behrami. L’esultanza iconica dello svizzero “Testa e Cuore servono per vincere le partite”. Risultato invertito per il secondo derby dell’anno. Ultimo anno di Rossi alla corte dell’Aquila. Esce trionfante per 4-2, ma al ritorno la sua squadra perde di misura. Da menzionare la Coppa Italia vinta contro la Sampdoria. Nonostante tutto, non convince e deve abbandonare l’incarico. Al suo posto arriva Reja per due anni. Il nuovo allenatore non dà sicurezza inizialmente perdendo due derby su due. L’annata successiva è perfetta. Li vince entrambi la Lazio. Uno con gol all’ultimo secondo di Klose. Poi arriva Petkovic, forse il più significativo. Gli basta un anno per entrare nei cuori dei tifosi laziali. Non solo perché esce indenne dai due derby di campionato, anzi ne vince uno, ma per la vittoria della Coppa Italia. Proprio contro la Roma. “Lulic ’71” è legato a questo allenatore. Una macchia indelebile nella storia capitolina. Pioli riesce nelle successive due stagioni a portare la Lazio alta in classifica. Terzo posto raggiunto nella gara finale contro il Napoli e preliminari di Champions, che le Aquile non passano per differenza reti contro il Leverkusen. Il passato incontra il presente. Simone Inzaghi. Siede sulla panchina biancoceleste dal 2016. “Salito al trono” come sconosciuto, si fa subito amare. Le sue prime dichiarazioni sono musica per le orecchie dei tifosi: “Sono laziale e voglio impartire la mia lazialità ai giocatori”. E così è stato. Da allora successi e sconfitte: ma questo è il calcio

 

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