Di Martina Di Lernia. La quarta serata è la penultima di quest’edizione del Festival 2021, sempre condotto da Amadeus e Fiorello, spalleggiati ancora una volta dall’attaccante Zlatan Ibrahimovic.

A co-condurre però questa serata c’è Barbara Palombelli, giornalista e conduttrice anche radiofonica, che intraprende un altro lunghissimo monologo, questa volta dedicato a dare voce e forza a tutte le ragazze e donne che hanno paura.

“La chiave del nostro futuro è ribellarci sempre, tanto ci umilieranno, ci metteranno le mani addosso, non saremo mai perfette, non andremo mai bene come non va bene Liliana Segre, senatrice a vita che a 90 anni non può neanche vaccinarsi senza scatenare odi micidiali”, dice la Palombelli riferendosi agli odi antisemiti che ha dovuto subire la Segre qualche settimana fa sui social, e continua raccontandoci la sua storia, la storia di una ragazza adolescente che ha iniziato a lavorare giovanissima perché voleva crearsi la sua indipendenza, sacrificando amicizia e tempo libero- ma alla fine, tutte le lacrime e il duro lavoro l’hanno saputa ripagata ed è entrata a far parte del Corriere della Sera, divenendo la donna che tutti conosciamo oggi.

 

Ormai gli ospiti sembrano più dediti a lanciare messaggi e intraprendere questi lunghissimi monologhi, piuttosto che occuparsi della musica e del Festival; ma la peculiarità questa volta proviene dal fatto che i social per lo più non hanno per niente apprezzato il suo intervento, tanto che si è preferito invocare un’interruzione di Zlatan e della sua ormai scontata ironia.

“Scontata” perché il gioco tra Zlatan-Amadeus ormai si basa sempre sulle stesse battutine: lui gigante “supereroe” che si appropria del festival e di tutto ciò che lo circonda (motociclista compreso) e Amadeus omino gracile e quasi inutile, espropriato del suo ruolo di direttore artistico e conduttore.

 

La polemica sembra non fermarsi qui; in serata ecco arrivare anche Beatrice Venezi e i social rinfiammano ancora tra commenti di improvvisati accademici della Crusca e persone che concordano e discordano con le sue parole: Venezi è la più giovane “direttore”, e non “direttrice”, d’orchestra in Europa.

Forse è stato tra i punti più bassi del Festival, e non per le parole utilizzate, che possono essere anche facilmente condivisibili, ma per il messaggio che contrasta completamente con le parole della Palombelli.

La Venezi ha dato un fortissimo schiaffo in faccia al femminismo e alla tanto diffusa “politica del corretto” quando Amadeus provocatoriamente le ha chiesto come volesse essere definita; ma la spiegazione che dà lei è chiarissima: “per me quello che conta è il talento e la preparazione” e si assume completamente la responsabilità delle parole utilizzate.

Si sono concentrati tutti troppo sulla desinenza -ore che contrasta con quella femminile -rice, ma nessuno ha posto abbastanza l’attenzione sulle altre parole di denuncia del Direttore d’orchestra: le donne che praticano questo lavoro sono pochissime e anche per questo, sembra quasi perdere valore il cambio di genere della parola.

Fatto sta che sicuramente il suo gesto è stato molto più incisivo di tante altre battaglie femminili destinate a morire: non conta la parola con la quale ti identifichi, conta il talento e l’impegno con il quale svolgi il tuo lavoro ed è l’unico modo per ottenere rispetto dagli altri.

 

È la volta poi della giovane attrice Matilde Gioli, affiancata da un’altra ospite importante della serata, la cantante Alessandra Amoroso. La Gioli ci racconta del suo incidente avvenuto a 16 anni durante un viaggio-studio in Inghilterra, dove ha rischiato la paraplegia e non sapeva se avrebbe mai più camminato, ha passato due mesi immobilizzata a letto e poi ferma con un busto di ferro per due anni, rischiando di non poter più inseguire i suoi sogni.

Ma la coppia vuole lanciare un altro messaggio: sono entrambe due donne che nonostante le varie difficoltà della vita, hanno saputo raggiungere i propri sogni; e si rattristano alla realizzazione che le loro parole sono rivolte verso un pubblico inesistente e verso una platea completamente vuota, in una vita sospesa che arreca danno soprattutto alle migliaia di lavoratori dello spettacolo che da un anno a questa parte sognano e sperano di poter ritornare a lavorare,  dicendo che quelli che hanno avuto la possibilità di partecipare al festival sono “professionisti fortunati perché lavorano”.

In un lungo applauso finale, le due terminano il loro intervento con un “che Sanremo sia l’inizio di una ripartenza”; per ironia della sorte, invece, proprio ieri sera è stato annunciato che cinema e teatri quasi sicuramente non riapriranno nella data prefissata del 27 marzo. Sanremo si prefiggeva fin dal via libera di Franceschini come il Festival che doveva smuovere di nuovo il settore, invece è la testimonianza di un altro palco che ha visto una riapertura e subito dopo la chiusura delle serrande, giustificando ancora una volta (anzi, alimentando) la rabbia di chi questo festival non l’avrebbe mai voluto, perché è stato e continua ad essere l’ennesima beffe nei confronti dei lavoratori.

 

​Un’importante novità però scatena questa serata: l’entrata in scena di Mahmood, a due anni dalla vittoria di Sanremo con “Soldi”.

Tra sospetti di uso del playback tra gli artisti e critiche di voci troppo indegne per partecipare a Sanremo, Mahmood ci ricorda il motivo per il quale ha vinto il Festival.

C’è ben poco da dire: lui è lontano anni luce dall’uso del playback e con la sua meravigliosa seppur particolare voce, inizia il medley dei suoi più grandi successi con il singolo “Rapide”, privo di musica di accompagno, facendoci godere pienamente del suo dono; ha dominato ancora una volta il palco dell’Ariston che lo ha consacrato di nuovo come un “orgoglio nazionale”.

 

Grande attesa, come sempre per Achille Lauro. Esibizione si straordinaria e molto interessante, ma che per voce non supera il segno lasciato da Mahmood.

Lauro questa volta si identifica nel celebre quadro di Delacroix, “la libertà che guida il popolo” ma è vestito come una sposa, accompagnato da una versione decisamente diversa dell’inno di Mameli con in mano la bandiera italiana e non francese, che ci ricorda i tempi in cui tutti abbiamo rispolverato la bandiera nazionale per darci e dare un po’ di coraggio a marzo scorso.

Ma a sorpresa tutto si trasforma in un orchestrato matrimonio tra lui e il suo celebre amico e collega, Boss Doms; la coppia storica finalmente riunita, come nelle precedenti edizioni del festival, in pochi secondi ha incendiato il palco forse come mai prima, portando follia, innovazione e tutta la gioia dei due nell’essere nuovamente sul palco storico della nostra cultura.

Insomma, nonostante le moltissime critiche ricevute in questi giorni, Lauro continua a dirci “me ne frego” e si butta a capofitto nel suo show. Ma le sorprese, non finiscono qui ed ecco arrivare Fiorello, che duetta insieme al rapper sulle note di “Rolls Royce”; sembra però che questa volta lo showman l’abbia presa troppo sul serio, e ormai completamente risucchiato nel quadro inscenato da Achille, non è più in grado di muoversi o di parlare perché fatto di olio, e tra le risate dei presenti , alla fine viene portato via di peso, quando tutto il palco ormai era stato già sgomberato… Achille compreso!

 

Insomma, le novità sembrano non finire e, seppur con le tante problematiche, c’è grande attesa per il gran finale!