Di Melania Barone. Se lo fa lui è figo, se lo fai tu sei come una prostituta Tutte le donne, almeno una volta nella vita si sono sentite definire con epiteti poco carini per aver fatto qualcosa che, se fatta da un uomo, non avrebbe comportato nessun insulto. Ciò che inorridisce, è che non sono solo gli uomini ma anche le stesse donne a puntare il dito contro le proprie simili.

“Te ne devi fare una ragione” dicono “…il mondo è questo, comportati bene se non vuoi essere giudicata”. Allora avanti con i giudizi . Noi siamo libere. La nostra attività sessuale è una nostra scelta e non è quella a fare la nostra persona. Il corpo di una donna non è e non deve essere dominio altrui. Se la cintura di castità, con la quale i cavalieri si assicuravano la fedeltà delle mogli, può sembrare una lontana assurdità allora è bene riflettere su questo. Ad oggi, nel 2021, esiste ancora una pratica simile alla cintura di castità, che non solo non rispetta i diritti di un essere umano ma procura anche molto spesso la morte di chi la subisce. Stiamo parlando del “Infibulazione”: un rituale volto alla preservazione della verginità della donna, garantendo così l’onore della famiglia e le prospettive nel matrimonio. La barbara pratica consiste nella mutilazione dei genitali femminili che, ovviamente, è irreversibile ma la capacità di consumare atti sessuali può essere ripristinata solo attraverso la “defibulazione” svolta dopo il matrimonio, solitamente dallo stesso sposo.

Fino a pochi anni fa si parlava poco di sesso, soprattutto tra donne, cresciute fin da bambine nella pressoché totale ignoranza sull’argomento. Questo clima di censura ha alimentato il divulgarsi di tabù, di cui in parte ci siamo liberati, anche grazie alle lotte femministe, alla letteratura e alla filmografia . Purtroppo, però, questo non è bastato per cambiare il costume: se una donna vuole favorire un  personale interesse  al sesso, può essere giudicata al pari di una ninfomane. E se accade il contrario? “Sei una figa di legno”, “Dovresti darla di più”, “Te la tiri troppo”, “Sei frigida”. Purtroppo luoghi comuni ma che mortificano solo chi li dice. Pertanto, come dice Michela Murgia: “Il rispetto delle persone comincia dalle parole che usi per definirle. Per questo non staremo più zitte. Mai più.”