Di Giulia Capobianco .Incompresi. Giudicati. Etichettati. Condannati. Ossessionati dall’idea di dover necessariamente identificare qualcuno in uno specifico scomparto della scatola sociale. Come fossimo oggetti di carta, di colore diverso. “Tu sei brutto”. “Tu sei troppo magra”. “Tu non sei abbastanza”. Le parole sono proiettili. Proiettili inaspettati che si conficcano nel petto provocando lo stesso dolore di un colpo d’arma da fuoco.

Le parole fanno male. Distruggono istanti anche se indelebili, ricordi marcati e la vita di chi sogna. Vengono gettate fuori come fossero rifiuti da scaricare. Perché, ci chiediamo, siamo sempre etichettati e perennemente giudicati? Perché siamo costretti a vivere nell’incomprensione di chi si vuole fermare alla copertina di pelle lucida e non proverebbe mai a leggere i primi capoversi della nostra anima? Perché, alle volte, siamo noi a cadere dietro le sbarre di quel carcere di parole, senza renderci conto che quelle parole, aggressive, buie, potrebbero anche portare a far perdere la rotta o la stessa vita? Una volta un’artista ha detto “Il giudizio è una prigione”. Una prigione con le sbarre di ferro arrugginito dove non c’è via di scampo.

Le parole fanno male. Si aggrappano alla rete dei giudizi, delle etichette, ma soprattutto ad un muro, quello più difficile da scavalcare: il muro dell’aggressività. “Tutti, in un modo o nell’altro siamo caduti nelle grinfie di un giudizio”. Tutti in un modo o nell’altro abbiamo commentato, o espresso un giudizio su una donna, sul suo modo di indossare una gonna, sul suo modo di camminare o sul perché un uomo stesse indossando un fermaglio tra i capelli. “Il Voler essere, è sempre la scelta migliore” – dice lui. Giusto, ma non tutti la pensano allo stesso modo. Non tutti sono in grado di regalarsi e regalare il fiore dell’empatia per riuscire ad indossare le vesti degli altri. Perché è solo così che noi giornalisti di vita riusciremo davvero a capire come ci si sente. Solo prendendoci cura delle parole, demoliremo le sbarre arrugginite. Solo in questo modo riusciremo a capire come quelle parole abbiano potuto ferire l’anima.