Di Giulia Capobianco. I genitori, la nostra vita, la nostra quotidianità. Il pezzo portante del nostro essere, del nostro formarci. La nostra mano nei momenti di luce e il nostro pugno per i piccoli, grandi errori. I genitori, la nostra vita, la nostra quotidianità. Alle volte contornata da diverse battaglie in cui le armi sono l’assenza di dialogo, incomprensione e totale distacco. O ancora il voler essere completamente liberi dai No, ripetitivi, costanti, arbitrari. Il rifiuto di un abbraccio o una porta chiusa in faccia. Ma in questa battaglia quotidiana, ci sono davvero dei vincitori e dei vinti?

Nel nostro laboratorio tutto questo si racconta, si sente, si vive. Si vive grazie alle parole degli studenti, che decidono di spogliarsi delle paure, delle insicurezze. Decidono di spogliarsi da quell’involucro che avvolge e nasconde i loro ricordi più complicati, combattendo con il cuore e alle volte con un pizzico d’orgoglio. I nostri giornalisti di vita si trovano difronte alla scatola più grande della loro crescita, quella che pensavano di aver chiuso con i sigilli per mai più riaprire. Invece sono pronti a tagliarli via, buttando fuori le pagine accartocciate di ciò che hanno vissuto con i propri genitori.

Per tutti loro, una madre e un padre sono il pezzo più importante. L’amore, la crescita, il consiglio e la fiducia. Per alcuni “i migliori amici di sempre”, di quelli che non voltano mai le spalle, di quelli che sono pronti a difenderti dalle situazioni più critiche e buie, lasciandoti incisa per sempre una lezione, un insegnamento. C’è chi un tempo era diffidente. Diffidente per paura di non essere compreso, di ricevere un No. “Un dialogo sottovalutato per il terrore di dover parlare di se”. C’è chi ha buttato fuori dalla scatola una pagina vecchia, in cui le parole dipingono un rapporto complicato con la propria madre. Un rapporto spesso conflittuale in cui la battaglia si faceva sempre più dura e quelle armi erano in fiamme. E proprio lì, dove il muro dell’assenza, il muro del silenzio si innalza sempre di più, mattone dopo mattone, come riuscire a scavalcarlo?

Lei, che ha deciso di raccontarci le parole di quella pagina accartocciata e poi ripiegata con assoluto pentimento, ci ha fatto vivere e poi sentire. Sentire e poi riflettere. Riflettere su quanto l’amore possa cambiare tutto, su quanto alle volte il dolore è il vero motore, che scoppia su quell’infimo orgoglio. Riflettere sul fatto che in quella battaglia, fatta di armi da fuoco e muri imponenti, non ci sono perdenti, ma solo vincitori. Perché Il muro del silenzio va abbattuto, le paure vanno affrontate e anche a loro, ai genitori, va data la possibilità di comprendere e di crescere. Vivere, sentire e poi riflettere che anche una madre e un padre hanno estremamente bisogno di imparare, di crescere assieme a noi.

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