Di Giulia Cipriano. Si discute molto di aborto. Ma nel modo sbagliato. Ci si riferisce alla questione, ponendola solo sul piano del pro o contro. Non ci si sofferma sul fatto che, dietro quella scelta, ci sia una donna, una coppia. L’aborto è trauma, fisico e psicologico. E molte volte si mette in discussione la consapevolezza di ciò delle donne che ne fanno ricorso. Si parla a queste donne come se avessero preso questa decisione una mattina come le altre, con la tranquillità di qualsiasi altra scelta. Come se fossero le antagoniste di un film, pronte a sfoderare la loro crudeltà. Quando piuttosto solo loro a ricevere tale crudeltà.

Comizi fuori le cliniche. Urla disumane. “Assassina!”. Ma il problema più grande è che si vuole parlare di aborto, ma non di sesso. Come se le due cose non fossero legate tra loro.

L’Italia è uno dei pochi paesi europei a non educare i ragazzi nelle scuole all’affettività. Mentre in Svezia è materia obbligatoria dal 1955, da noi l’educazione sessuale è ancora tristemente assente dai programmi scolastici. Il Miur ha, più volte, ritenuto non necessario l’insegnamento di questa, ignorando qualsiasi tipo di richiesta in merito. Questa considerazione diviene facilmente confutabile, considerando un rapporto del 2016 condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che riportava i risultati di alcuni studi portati avanti in diversi paesi europei. Dall’analisi emergeva, infatti, l’efficacia dell’educazione sessuale nelle scuole nel ridurre i casi di gravidanze precoci, aborti e malattie sessualmente trasmissibili, nonché di vicende di abusi e discriminazioni legate all’orientamento sessuale. In Italia, vige, invece, la presunzione di pensare che l’unico modo di educare alla sessualità sia quello di vietare qualsiasi tipo di rapporto carnale. Qualsiasi altro metodo istigherebbe ragazzi e ragazze sulla strada del peccato, e li porterebbe a conoscere argomenti che, secondo la convinzione popolare, non dovrebbe essere di loro competenza, data la loro “giovane età”.

Un’educazione alla sessualità porterebbe invece a una più completa e consapevole conoscenza di sé stessi e degli altri. Nel contesto italiano, invece, la responsabilità di tale consapevolezza verte spesso sulle spalle della donna, che deve farsi carico anche dei rischi di una vita sessualmente attiva. La scelta dei contraccettivi, essere in grado di esercitare la propria assertività se il partner si rifiuta di usare il preservativo. Quante volte avremmo sentito, magari in una chiacchierata tra amici, esperienze di ragazzi che non volessero usare alcun metodo contraccettivo. Si tratta di vera e propria incoscienza. Incoscienza di una società che vuole contestare il diritto all’aborto, ma mai trattare di sesso. Di affettività. Di relazione con l’altro.

La realtà è che ci si nasconde dietro l’aborto. È l’ennesimo tentativo di decidere per le donne, di pretendere di decidere per le donne. Ma la donna non può essere ridotta a una marionetta. Una marionetta mossa dai fili della società. Perciò libertà alle donne. Libertà di decidere per loro stesse, del loro corpo. Perché anche questa è violenza. E noi diciamo “basta!”.