Di Martina Sambucini. Basta uno sguardo. Proprio così; incredibile come dieci infiniti secondi di occhi indesiderati poggiati su di te siano sufficienti a farti sentire a disagio, violata. Non è un termine messo a caso, non è neppure un’esagerazione, è la sensazione che si prova quando in quegli occhi vedi tutte le intenzioni sbagliate di uno sconosciuto che in qualche modo si sta appropriando per alcuni istanti di un’idea così intima di te, che ti fa quasi sentire in colpa per averlo permesso. Cosa avrai mai fatto per fargli pensare ciò che ciò che la sua testa sta elaborando, e quanto può essere perverso e malato al punto da fartelo percepire senza bisogno di parlare.
Ecco, niente. Non hai fatto niente, non è colpa tua; sei stata attenta a tutto. Quando ti sei seduta sul treno difronte a lui hai allacciato anche il primo bottone della camicetta, ti sei accomodata chiudendo le gambe senza accavallarle, lo hai guardato senza sorridere. Non perché sapevi quali fossero le sue intenzioni, è un istinto di protezione. Ti fissa dritto negli occhi e ovunque, ed ecco che ti senti a disagio, che cerchi di non incrociare il suo sguardo, osservata da una lente d’ingrandimento che come una calamita non si stacca da te. Quegli sguardi parlano, ti disgustano, ti fanno sentire sporca e sbagliata. Intervenire? Sei troppo piccola, non sai cosa potrebbe accadere; meglio subire. Quel viaggio verso casa è stato un’agonia, finalmente scendi. Puoi respirare. Non è stata colpa tua eppure è successo, e anche se le sue mani non ti hanno toccata i suoi occhi ti sono rimasti addosso per giorni come se lo avessero fatto. Il giorno dopo hai preso lo stesso treno, avevi paura di incontralo, o di incontrare chi per lui ti avrebbe potuto far sentire nuovamente in quel modo. Non ti fidi, e la paura che possa riaccadere ti conduce a rifiutare e maliziare ogni genere di attenzione sconosciuta. Ogni giorno. Una storia banale direte, il tragitto fino a casa, in una giornata in cui venti minuti di corsa riflettono un meccanismo radicato nella vita di tutti i giorni. È difficile, soprattutto per le ragazze; 99%, secondo un recente studio, subisce una qualche forma di molestia, verbale o fisica, prima di raggiungere la maggiore età.
Gesti come questi vengono spesso minimizzati, rischiando di trasmettere un messaggio sbagliato: “stai esagerando”, “capita a tutte” e frasi simili che sminuiscono gli episodi vissuti e fanno sentire non capiti chi li subisce. Non se parla, sembra quasi esagerato farlo; ma a quante di voi è successo, e soprattutto, come vi siete sentite?
Anche questa è violenza, è mancanza di rispetto e noi stesse ci manchiamo di rispetto quando ci colpevolizziamo di qualcosa che non abbiamo richiesto, che non abbiamo cercato o indotto a fare.
Il rispetto. Ecco, basterebbe svegliarsi la mattina ed essere sicuri di averne sempre una buona dose con noi, soprattutto quando ci rapportiamo agli altri.
Non è la solita predica, non è una guerra a tutti gli uomini, è una storia, e se in questa storia vi rivedete, vi fa pensare o vi lascia dentro qualche sensazione, significa che non sempre siamo circondati da rispetto.