Di Elisa Lorini. Nascere donna non può e non deve essere un rischio. Circa 150 casi all’anno in Italia, un totale di circa 600 femminicidi negli ultimi quattro anni. Significa che in Italia ogni due giorni viene uccisa una donna. Se ne contano migliaia nel mondo. Questi i terrificanti dati dell’Istat, un bollettino quasi quotidiano drammatico e inaccettabile.

Sentiamo sempre più spesso parlare di questo tema perché, grazie alle battaglie femministe del secolo scorso in nome della parità uomo-donna, quest’ultima ha acquisito più potere e continua ancora oggi a rivendicarlo. Man mano che la donna acquista gli stessi diritti degli uomini, però, essi si sentono depredati di quella che è considerata da sempre la loro caratteristica identitaria più importante: la forza. Se prima erano le donne a subire la forza dell’uomo, e ne erano assoggettate senza avere mezzi per difendersi, oggi tale forza è sempre più contrastata: alla rassegnazione di un tempo si sostituisce la voglia di libertà, la subordinazione è diventata libero arbitrio. Questi cambiamenti generano nell’uomo un forte sentimento di paura: abbandonare i vecchi valori è un processo lungo e difficile. Dunque, l’uomo che si rende attore di violenza è un uomo che ha paura della donna, perché la sente contrapposta al suo mondo e alla sua ideologia, e ciò lo spinge a considerarla come un pericolo per la sua identità. Tutto questo trova origine in un sistema di credenze culturali che spingono a considerare la donna in una posizione gerarchicamente inferiore all’uomo e, quest’ultimo, ha visto e sta vedendo sempre più, nella violenza, il suo unico “rimedio”. Siamo immersi in un mondo mediatico, soprattutto negli anni più recenti, in cui si giudica la sovranità di un paese rispetto a un altro, in base alla globalizzazione o meno di esso, alla sua indipendenza economica o al suo potere militare.

La vera sconfitta di una nazione si può leggere tra le righe dei dati sopra citati: per ogni donna che viene uccisa perché è il sesso debole, perché considerata inferiore, perché “è colei che provoca”, perché è una donna, è il vero fallimento umano e non si può non tenerne conto.