Di Alessandro Gibertini. “Da grande voglio essere come te, papà”. La voce pura e sincera di un bambino. “Sei il mio eroe”. Poi passa il tempo, cambiano le dinamiche e le prospettive. Entra in gioco la competitività. L’inconscio umano è ancora un campo oscuro in cui addentrarsi. Non esiste una verità assoluta che lo riguarda. Si possono fare delle supposizioni. Il “padre della psiche” Freud ha rilevato che, non intenzionalmente, i maschi nel grembo materno sviluppano sentimenti contrastanti verso la figura di riferimento del loro stesso sesso, il papà, in questo caso. Viceversa accade alle femmine. Una lotta che prenderà sempre più piede, che si infittirà, con lo scorrere degli anni. La società impone dei “comandamenti”. Un padre si trova di fronte a qualcosa di più grande di lui. E un figlio non nascerà mai libero, ma condizionato dalle circostanze. Le esperienze costruiscono l’uomo. Sta alla figura di riferimento sottolineare la differenza tra giusto e sbagliato. Tra bene e male. Ma anche questo è relativo. Oggi, si tende a conformare il proprio “rampollo” al mondo. Non per scelta, quasi per necessità. Ne derivano scontri, liti che molto spesso si fermano a metà strada. Quando, in realtà, bisognerebbe soffermarsi per trovare una risposta di comune accordo. Eppure no. La paura incombe. L’orgoglio vince. Sempre qualora le condizioni lo permettessero. Non tutti hanno la fortuna di avere una figura paterna in casa. Che sia per altruismo o egoismo, non ci è dato saperlo. La sofferenza è qualcosa che si porta dentro, la solitudine. Forse anche quel semplice battibecco significherebbe l’immenso. Ci si può limitare all’idea. Nulla più. Intanto si cresce. E a volte quel vuoto diventa così incolmabile da ricercare in altre persone una spalla su cui piangere. I dubbi si fanno oscuri. Le certezze crollano. A tal punto che ci si chiede se a sbagliare sei tu: “non sono abbastanza”. La luce in fondo al tunnel è distante. Poi arriva la consapevolezza: “che piaccia o no, questo sono io. Non mi sento inferiore agli altri, nonostante le pressioni ed i giudizi negativi, talvolta insensati e repentini. Riflesso nello specchio, oggi c’è un uomo”. “Grazie di tutto, papà, forse non te l’ho mai detto. Abbiamo fatto i primi passi insieme. Ora sono pronto a camminare da solo”.