Di Alessandra Di Stefano.

Si aprono le porte a Roma ad un nuovo modo di fare spettacolo. Al teatro Olimpico, dall’1
novembre al 6, andrà in scena Rocky Horror Show direttamente da Londra. La produzione
inglese “Trafalgar Theatre Productions”, approda a Roma coinvolgendo, o meglio,
sconvolgendo il pubblico, proprio come nel 1975 fece il film omonimo di Jim Sharman con
protagonista un rivoluzionario Tim Curry.
Una coppia candida ed ingenua viene accolta in un castello nel quale uno stravagante
scienziato, e il suo team altrettanto eccentrico, conducono degli esperimenti finalizzati alla
creazione di un essere bello e muscoloso. All’interno di quelle stanze, accadranno cose
inaspettate e si celebreranno rapporti sessuali fluidi.
Il musical, firmato Richard O’ Brien, risulta ancora nel 2022 provocatorio e irriverente, grazie
al suo linguaggio schietto e ai temi tabù che vengono trattati.
Entrando in sala si sente un’aria diversa rispetto a quella che si genera durante gli spettacoli
di stampo italiano. Sul palco ci sono quattordici persone, tra cui Claudio “Greg” Gregori
nelle vesti del narratore. Ognuno di loro, ha un’energia che per due ore resta costante,
nonostante le performance siano vocalmente e stilisticamente complesse. Si percepisce
un’atmosfera particolare, che il pubblico stesso avverte. Ed è proprio questo l’elemento che
rende questo spettacolo “fuori dal comune”: l’interazione diretta tra artisti e spettatori. Fin dai
primi minuti avviene una comunicazione, registicamente stabilita, tra il narratore e alcuni
individui situati tra il pubblico, i quali correggono e suggeriscono le parole ad un Greg che si
mostra impacciato nella recitazione in inglese. Ma se guardi il tuo vicino di poltrona, ti
renderai conto che probabilmente anche lui indossa lo stesso stile dei protagonisti. E questa
è una cosa mai vista a teatro. Il 3 novembre, a qualche metro di distanza, nello Stadio
Olimpico della capitale, stavano giocando Roma-Ludogorets. Benché il calcio e il teatro,
siano da sempre due mondi molto distanti tra di loro, quella sera si era creata un’unione
imprevista. Come i tifosi sentono il bisogno di vestire i colori della propria squadra e cantare
a squarciagola i cori per dare forza ai giocatori, quella sera, il pubblico di Rocky Horror Show
indossava boa colorati e sosteneva gli artisti durante i ritornelli più conosciuti (Time Warp,
Sweet Transvestite), alzandosi in piedi e ballando. Siamo abituati ad un teatro
intellettualoide che tratta grandi temi sociali con un linguaggio per pochi. Questa tendenza,
particolarmente italiana, sta allontanando il pubblico. Spesso capita che le persone sentano
di non aver compreso a pieno quel che vanno a vedere a teatro, e questo distacco
indubbiamente crea una notevole distanza. La verità è che i contenuti possono essere
trasmessi in vari modi, non unicamente tramite un linguaggio forbito per sottolineare quanto
il messaggio sia profondo. Rocky Horror Show, ne è un esempio eccellente. Benché lo
spettacolo sia in lingua originale, le scene sono costruite talmente bene che non si ha
bisogno di comprendere le parole, perché tutto è chiaro. Il suo stile parodistico e
provocatorio, sintetizza il suo messaggio, tornando al fine ultimo e alla vera essenza del
teatro: intrattenere.

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