Di Giulia Tariciotti. In occasione della 61esima edizione della Giornata Mondiale del Teatro, è stato celebrato il teatro in tutte le sue forme poiché ritenuto strumento e mezzo di espressione universale. Sicuramente quest’arte dona al pubblico emozioni, sorrisi, sogni e riflessioni, ma il suo scopo non è solo questo. Come viene spiegato dalla psicoterapeuta Ilaria Vergine, il teatro può anche essere considerato come una terapia, o meglio dire, la TEATROTERAPIA, quest’ultima nata con l’obiettivo di prendere consapevolezza di sé stessi imparando a comunicare con il resto della collettività per immergersi in una connessione più profonda con lo spazio circostante. Un modo per arrivare ad una crescita personale attraverso una maggiore fiducia, intimità, rispetto e collaborazione degli altri.

Differentemente dalla classica forma di teatro dove la realtà si manifesta grazie all’illusione, la teatroterapia sovrappone realtà e illusione, di fatti non esistono ruoli fissi, storie precedentemente scritte o un tempo prestabilito, bensì vi è uno spazio protetto dove gli attori sono liberi di creare nuovi mezzi spontanei per entrare in contatto con la realtà, trasformandola. “L’uomo deve dunque poter crescere e liberarsi delle proprie schiavitù giocando con più copioni, libero di interpretare e sperimentare”, afferma Walter Orioli, un teatro terapeuta.

In questo contesto, la malattia viene sostituita dalla creatività e dal gioco, dimostrando al pubblico solamente una grande espressione emotiva, riuscendo a gestire facilmente ogni tipo di emozione, paura, angoscia, problema e difficoltà. Tutto con lo scopo di costituire una vera e propria identità, un modello a cui ispirarsi attraverso sessioni di ascolto. A dirigere il gruppo vi è un teatro-terapeuta che spinge ogni attore ad essere, semplicemente, sé stesso.

Ogni percorso si divide in 3 fasi: la fase pre-espressiva che punta a superare i propri limiti con un riscaldamento di voce e corpo, la fase espressiva che pone in scena le emozioni dei partecipanti, prima spontanee e poi organizzate, per creare un clima di ascolto e accoglienza. L’ultima è la fase post-espressiva che si dedica al linguaggio comune per mettere a confronto le diverse opinioni. Tutto il percorso, però, deve essere seguito nel rispetto degli altri con un’adeguata cooperazione.

In quanto disciplina, il teatro può essere utilizzato in ambito preventivo, riabilitativo, terapeutico, educativo e formativo, in base alle diverse esigenze: superare i propri disagi, reinserirsi nella società, decostruire e ricostruire un’identità, favorire un’accettazione fortificandosi o intraprendere nuove esperienze.

Questo mondo non fa bene solo al disabile psichico, fa bene anche al teatro stesso inteso come luogo di aggregazione dove la diversità o l’handicap diventano punti di forza!!

 

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