Di Susanna Bufano. Il RAP in Italia è moda, costume e soprattutto strumento di denuncia del degrado metropolitano, ma attenzione agli “avvoltoi”. Ha spopolato in tutto il mondo partito dagli USA nei lontani anni ‘80 del secolo scorso è approdato in  Italia nel 1990 grazie ad artisti come Jovanotti, Articolo 31 e ancora oggi continua ad appassionare le nuove generazioni, le classifiche parlano chiaro: i rapper sono sempre in vetta. Il RAP piace, racconta storie di giovani di periferia, che grazie alla musica riescono a riscattarsi dal grigiore quotidiano e dal conformismo sociale, di questo parla nelle sue canzoni il milanese Marracash, classe 1979, non più giovanissimo ma amatissimo dai suoi fans e forse è proprio la saggezza dell’età che gli permette di raccontare così bene i drammi psicosociali dei giovani di periferia. Di riscatto parla anche il giovanissimo Napoletano Geolier, 23 anni, nato e cresciuto a Secondigliano, quartiere periferico e complicato di Napoli, il suo rapper in dialetto napoletano è riuscito a coinvolgere e convincere anche chi napoletano non è. Ma come ben sappiamo la musica è anche un importante business economico e pertanto, come accade in tutti gli ambiti commerciali, è spesso frequentato da chi nella vita dovrebbe fare ben altro, così, accanto ai grandi rapper Italiani, troviamo chi “inquina” questa tendenza inflazionandola, rendendo il RAP un canto lamentoso, aggressivo e ripetitivo, avendo come unico obiettivo quello di  “far soldi” facili sulla scia del momento.

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:Spettacolo