Di Benedetta Gabrieli. In un mondo ecclettico e frenetico, sempre più spinto verso la rapidità dell’informazione, Arturo Cirillo, noto attore e regista teatrale partenopeo, ci riporta indietro nel tempo, offrendoci un intervallo di pausa da questo mondo veloce e impetuoso, regalandoci “l’otium” così come lo intendevamo i latini, un dolce far niente che nobilita l’animo e cura la mente dalla frenesia della vita quotidiana.

A gran voce giunge infatti nella capitale il personalissimo “Cyrano de Bergerac” di Arturo Cirillo, regista e protagonista, dal 17 al 28 aprile al teatro Ambra Jovinelli.

Artista pluripremiato, punta del teatro contemporaneo nazionale, Arturo Cirillo, da circa un anno gira l’Italia gremendo i teatri e restituendo ai moderni la celeberrima ed intramontabile opera del poeta e drammaturgo seicentesco Edmond rostand. Un’opera ormai distante nel tempo ma che, reinterpreta in chiave moderna e personalissima, si trasforma in una storia d’amore tremendamente attuale, che porta il tema dell’illusione che ancora abita ogni storia d’amore e dell’insicurezza che vive in tutti i personaggi, ma che a distanza di secoli vive ancora in tutti noi. E così un’opera tanto celebre quanto antica diventa la tela bianca su cui teatranti e artisti possono giocare portando in scena, sotto vesti seicentesche, i disagi e le passioni dell’epoca moderna. Il Cyrano, la storia dello spadaccino sfortunato in amore, é stata usata e abusata fino allo sfinimento, in una continua contaminazione di epoche e punti di vista differenti, che assurgono sempre a nuovi significati. Cirillo stesso ammette che la sua opera nasce proprio da uno spettacolo visto quand’era adolescente a Napoli, nell’ancora esistente teatro Politeama. “Avevo 12 anni” – racconta Cirillo- “ quando mi capitò di andare da solo al politeama di Napoli a vedere il musical con Domenico Modugno e Catherine Spaak tratto dall’originale di Rostand. Lì é nata la passione per questa forma di teatro caleidoscopico e eterogeneo, dove si canta si balla e si recita”. La musica infatti nella rivisitazione dell’artista partenopeo ha un ruolo fondamentale, ma anche questa interpretata in modo teatrale, attraverso le rielaborazioni di Federico Odling, Edith Piaf con “le foglie morte”, fino a Fiorenzo Carpi, famoso per aver composto le colonne sonore delle “avventure di Pinocchio” del ‘72. Il  “Cyrano” dell’artista partenopeo é infatti intriso di rimandi alla favola che ha affascinato antichi e moderni, dai greci ai giorni nostri: “Pinocchio”, fiore all’occhiello di un modo di fare teatro ormai perduto, ma del quale- per citare lo stesso Cirillo-“…mi sono infatuato anche grazie al Pinocchio di Carmelo Bene”.

Arturo definisce la sua opera “un teatro canzone che narra la tragica vicenda d’amore di un uomo che si considerava troppo brutto per essere amato, salvato dal teatro, ora che il teatro ha più bisogno di essere salvato”. Forse una speranza di salvezza? Speriamo dunque che le sue parole possano essere in qualche modo profetiche. Che sotto le luci dei riflettori ci siano sempre più Pinocchi e Cyrano de Bergerac ad affascinarci e a farci riscoprire la bellezza del teatro, facendo tornare alla sua antica gloria quella che oggi è illegittimamente e illogicamente un’arte in decadenza.