Di Francesca Sofia Rizzo. Nell’era digitale, anche internet è una piazza in cui far sentire la propria voce dissidente, in cui denunciare ed essere ascoltati da tutto il mondo. E’ un fatto scontato per i più, finché questa libertà non viene a mancare. E’ quello che è sta accadendo in Iran da ormai 48 ore, come tentativo da parte delle autorità di frenare la diffusione delle proteste che infiammano il paese da venerdì 15 novembre.
I manifestanti sono scesi in strada in seguito all’annuncio del governo dell’aumento dei prezzi del carburante del 300%. Anche se in gran parte pacifiche, in alcuni casi le proteste hanno preso una svolta più violenta: immagini mostrano i rivoltosi dare fuoco a banche, stazioni di benzina e edifici governativi. Tutte queste informazioni sono potute circolare liberamente fino a domenica sera, quando è iniziato ”lo spegnimento di internet più ampio mai registrato in Iran”, così definito da Oracle’s Internet Intelligence in un tweet.
Da allora, le notizie fuoriescono con più difficoltà dal paese, e sono soprattutto gli iraniani espatriati che, allarmati per la difficoltà a mettersi in contatto con i propri cari in Iran, contattano, anche tramite instagram e twitter, le testate giornalistiche per rendere noto il problema. Di nuovo il potere di internet risulta evidente.
Le autorità sono infatti consapevoli del ruolo chiave dei social media nel far dilagare idee e mobilitare i protestanti – ne sono un esempio le recenti proteste, ancora in corso, nei vicini Libano e Iraq.
Si pensa che questo sia anche un tentativo del governo di non far sapere cosa stia accadendo negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Sembrerebbe che i morti siano già più di un centinaio, seppur questi dati provengano da testimonianze limitate e non ufficiali, mentre gli ufficiali iraniani parlano di solo 12 vittime.
Le Nazioni Unite hanno sollecitato il governo iraniano a “ristabilire immediatamente l’accesso ad internet per gli iraniani, così come altre forme di comunicazione, che permettono la libertà di espressione e l’accesso alle informazioni”.
Nel frattempo la Casa Bianca si è pronunciata in supporto delle proteste, condannando le misure repressive utilizzate contro il popolo iraniano. Questo tuttavia appare un gesto ipocrita agli occhi degli stessi iraniani, i quali riconoscono nelle sanzioni imposte dagli Stati Uniti al loro paese uno dei motivi del tracollo economico, insieme alla dilagante corruzione. Proprio quest’ultima ha fatto dubitare dell’intenzione dichiarata dal governo di destinare le entrate ricavate da questo rincaro a servizi per la popolazione.