Di Luna Luciano. Se dovessimo collegare la parola terrorismo al caso del Coronavirus, piuttosto che quello chimico sarebbe più corretto considerare quello psicologico. L’informazione è un diritto, un mezzo utile, un nobile fine, una medicina che, se non correttamente somministrata e verificata, può rivelarsi addirittura nociva. E’ quello che sta accadendo in questi giorni riguardo il caso del “2019-nCoV” meglio conosciuto come Coronavirus, accompagnato dal massiccio fenomeno dell’Infodemia, così definito dall’OMS, ovvero un’abbondanza di informazioni, non sempre accurate, che impediscono la corretta informazione e il trovare delle fonti completamente affidabili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato di essere all’opera per sfatare i falsi miti diffusi sulla rete che hanno contribuito ad alimentare un’isteria di massa; tra i tanti il fatto che sia possibile contrarre il virus in ristoranti cinesi, attraverso pacchi postali provenienti dalla Cina, che il l’infezione sia stata contratta perché in Cina “mangiano pipistrelli infetti” o addirittura che l’aglio possa essere utile alla cura. Forse è il caso di fare chiarezza, prima che esploda una seconda bomba mediatica per i rimpatri italiani dalla Cina, che avverranno a partire dal 3 febbraio.
Il virus ha fatto la sua prima comparsa a dicembre 2019 a Wuhan, dando il via a quella che nel giro di poche settimane è diventata un’epidemia in grado di varcare i confini nazionali. Un nuovo tipo di virus appartenente alla famiglia dei coronavirus, la stessa a cui appartengono l’influenza, la Sars e la Mers. A differenza del 2003 con la Sars (Sindrome respiratoria acuta grave) Pechino ha immediatamente contattato l’OMS, che il 30 gennaio ha dichiarato l’emergenza sanitaria globale. I 361 morti in Cina legati al nuovo coronavirus, annunciati oggi, lunedì 3 febbraio, dalla Commissione Sanitaria Nazionale (Nhc), hanno superato i 349 decessi causati dalla Sars.
Per quanto il caso sia serio e l’OMS stia prendendo le giuste precauzioni, la situazione non è grave e non lo è nemmeno dopo che in Italia, come in altri paesi europei, siano stati accertati i primi casi di infezione. Una coppia di anziani turisti cinesi sono stati ricoverati in isolamento all’ospedale Spallanzani di Roma e sono costantemente sotto monitoraggio.
“Cosa cambia? Per l’uomo della strada nulla. Due casi non fanno un’epidemia – ha affermato in un post il virologo dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR Giovanni Maga – L’infezione non è letale, nell’80% dei casi ha decorso benigno (cioè si guarisce) senza particolari complicanze”.
Inoltre un’ottima notizia giunge dallo Spallanzani: a meno di 48 ore dalla diagnosi di positività per i primi due pazienti in Italia, sono riusciti, primi in Europa, ad isolare il virus responsabile dell’infezione. Avere a disposizione in modo così tempestivo il virus è un passo fondamentale, che permetterà di perfezionare i metodi diagnostici e di studiare la messa a punto del vaccino.
“La grande professionalità dei nostri medici, biologi e ricercatori – ha concluso Roberto Speranza, ministro della Salute – ci fornisce ulteriori strumenti di contrasto per fronteggiare questa emergenza sanitaria, e conferma la qualità e l’efficienza del nostro Servizio sanitario nazionale su cui dobbiamo continuare ad investire”.