Di Asia Santi.

Arriva un momento durante il nostro percorso vitale in cui ci rendiamo conto che, anche per noi giovani, il tempo scorre, e cominciamo ad angosciarci perché vorremmo tornare indietro, nel passato, e non pensare al futuro che ci spetta, per poi restare così, sempre in questa forma, con questo corpo.

Cominci a riflettere, e ti dici sempre che per fare certe cose forse sei troppo giovane, ma per farne altre.. sei troppo grande.

Anche le responsabilità cominciano a farsi sentire: non è più mamma che ci accompagna in giro la sera, che raccoglie i panni sporchi, che ci fa trovare il pranzo pronto a tavola; la tua vita non é più gestita da qualcun’altro, e tutto ad un tratto si trova interamente nelle tue mani.

Quindi basta gesti di cui pentirsi, perché dopo i 20 anni tutto resta impresso, come i tanti tatuaggi di cui ci siamo pentiti.

Tutto quello che ci sembrava normale durante l’adolescenza, successivamente comincia a pesare: ci rendiamo conto di avere un carattere strano, unico, e che essere diverso, non “omologato”, è un pregio, non una stranezza. Con il tempo diventiamo esigenti, soprattutto nelle relazioni: non ci accontentiamo più di rapporti ‘piatti’, frivoli, che ci fanno perdere anche solo un secondo di vita, e incominciamo a cercare profonditá, scontro e una passione più matura e consapevole.

Succede questo: ti svegli una mattina e capisci che il mondo è cosi, é un’esistenza fatta di cose  che ti rendono felici, e tutte le altre cose che invece ti fanno crescere.

Da bambini vediamo la realtà con lo sguardo  dell’innocenza, e riteniamo che diventare adulti sia un traguardo positivo da raggiungere il prima possibile. La cosa più difficile, a quell’etá, era scegliere il gioco da utilizzare sul Nintendo, oppure fingere di dormire per essere presi in baccio e trasportati a letto. Era una fase di ingenuitá, quando pensavamo che la luna seguisse la nostra macchina, e quando credevamo che il dolore più grande che potessimo provare fosse un ginocchio ‘sbucciato’.

Non vedevamo l’ora di crescere, di avvicinarci allo sviluppo, ed attendere con ansia il nostro primo ciclo, impazienti di diventare “signorine”.

E poi che è successo? Siamo cresciuti, e siamo diventati grandi per i giochi e le biciclette, siamo maturati, con la consapevolezza di star marcendo.

Abbiamo compreso che “crescita “ è solo un modo più carino per dire che ci stiamo avvicinando sempre più alla vecchiaia, alla morte.

Capita di svegliarsi la notte, pensierosi, preoccupandoci di non piacere più, impauriti di restare soli. Diventare adulto significa lasciarsi inevitabilmente qualcuno alle spalle, e dire addio a pezzi di vita, a persone che sono state la nostra vita.

La cosa più triste dell’invecchiare è mantenere il nostro cuore, il nostro spirito e le nostre voglie, in un corpo che ormai non vuole più nessuno e che non sentiamo adatto.

 

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