Di Alessandro Duca. Ci risiamo. Doveva essere l’anno della rivincita, l’anno della consacrazione, l’ora di riportare un titolo a Maranello che manca dal lontano 2007 con Raikkonen. Ma niente da fare, anche questa è stata la stagione di una rossa che annaspa, tra qualche gioia e tanti problemi; già i problemi, quelli sono stati tanti: affidabilità vetture, tattiche gara, gestione piloti. Stiamo parlando della Ferrari, che ha fatto la storia di questo sport e che molto spesso incarna proprio la vera essenza delle corse. Le cause degli insuccessi  potrebbero essere molte, ma ciò che salta a l’occhio è il continuo ricambio di direttori di corsa negli ultimi anni. Dopo l’era da favola vissuta con Jean Todt (condita da ben 7 titoli), a succedergli sarà Stefano Domenicali, forse l’ultimo in grado di sfiorare il titolo mondiale con Alonso. Poi sono arrivati Mattiacci, Arrivabene e infine Binotto.
Insomma come se spesso le responsabilità venissero attribuite esclusivamente a queste figure. In realtà come hanno dimostrato i fatti, molto spesso se i direttori sono uomini di corse, abituati a sporcarsi le mani insomma, è un bel vantaggio per la gestione della scuderia. Eppure la Ferrari incassa ben 205 milioni di dollari l’anno di cui ben 73 dovuti per il riconoscimento come marchio storico (cifra più alta anche rispetto la Mercedes), cifre che permettono un grande sviluppo delle vetture che dovrebbero compensare, almeno in parte, la possibile incompetenza (se così vogliamo chiamarla) dei direttori di gara. Ma invece anche sul piano strutturale le rosse accusano il gap rispetto anche a squadre meno blasonate. Senza contare i piloti che, a fronte di ingaggi faraonici spesso fanno di testa loro, danneggiando marchio e credibilità di tutti gli addetti a i lavori che sono dietro ai gran premi.
Quello che sembra mancare, dal momento che i piloti talentuosi e i soldi non mancano, è una figura forte, gente abituata a l’odore della benzina e al sacrificio, uomini con la “spina dorsale” severi e attenti al dettaglio, uomini come era  Enzo Ferrari insomma. Ovviamente i tempi sono cambiati, l’elettronica è entrata nei motori e i computer si sono sostituiti alla chiave inglese. Ma è quella grinta e voglia agonistica dei tempi di Schumi, di Lauda o Villeneuve che oggi manca e, non si può e non si deve attribuire questa mancanza solo a i direttori di corsa.
Nel 2021 ci sarà un importante rinnovazione di tutto il circus, con notevoli modifiche per le monoposto che, diventeranno molto più semplici al livello aerodinamico, favorendo più sorpassi e di conseguenza più spettacolo; questo probabilmente segnerà una rinascita per molti team e la Ferrari deve approfittarne perché le basi per la rinascita ci sono tutte.

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