Di Fabiana Donato. Una notte senza stelle, fatta di fiamme e lacrime. Sogni e speranze di un  amore sono stati spenti per sempre: fidanzati muoiono asfissiati in una trappola di fumo, troppo densa per scappare,  letale per mettersi in salvo. Crudele e silenziosa, la scintilla che ha provocato l’incendio.

Luca Manzin e Rosita Capurso sono i protagonisti di quello che sembra un dramma Shakespeariano. In questo caso, nessuna fantasia, ma cruda realtà. Vite spezzate da una tragica fatalità e senza un perché. 27 anni lei, faceva la psicologa, e 29 lui, aspirante avvocato. Avevano tutte le carte in regola per avere un futuro ricco di successi e per costruirsi una famiglia: la preparazione, la giovane età, la voglia di mangiarsi il mondo, e soprattutto l’amore che provavano l’uno per l’altra li rafforzava e rendeva unico il loro rapporto. Avevano da poco deciso, dopo anni di fidanzamento, di fare un grande passo: iniziare la convivenza. Tracce di vernice, scatoloni e vestiti sparsi qua e là, sono testimoni di uno scenario dove le speranze sono rimaste soffocate dalla violenza dell’incendio, e l’amore provato è rimasto rinchiuso per sempre in quelle mura. Sono gli stessi oggetti che, come si vedrà dalle indagini, hanno inconsapevolmente trasformato un luogo d’amore, in rogo mortale. Nella notte tra il 22 e il 23 Novembre, alle 3,30 circa, qualcosa non va nella mansarda sui Navigli a Milano. Rosita se ne accorge e cerca di svegliare il compagno che non dà alcuna risposta. Esce dalla stanza e trova un muro di fuoco invalicabile. Pensa e reagisce subito: lo deve spegnere. Corre in bagno e riempie la bacinella, ma la coltre di fumo la avvelena. Senza ossigeno e al buio, perde i sensi. Verrà ritrovata in arresto cardiaco dai pompieri. Non c’è stato nulla da fare neanche per Luca che muore nel sonno, senza neanche aver sentito le urla della fidanzata. Rosita muore nel tentativo di spegnere le fiamme, lo dimostra il rubinetto ancora aperto quando arrivano i soccorsi.

Avevano deciso di vivere nel bilocale di famiglia al primo piano mansardato, affacciato sul Naviglio Grande, tra la Canottieri Milano e la Canottieri Olona, in una delle zone più suggestive di Milano. Accanto vive la zia 59 enne, e l’appartamento al piano di sotto è occupato dalla compagna del padre della ragazza deceduto qualche anno prima. Le donne si accorgono dell’incendio e cercano disperatamente di salvarli. La zia, picchia la porta sperando di entrare, senza sapere che l’ingresso era stato precedentemente chiuso dall’interno, e che le chiavi ancora appese avrebbero impedito l’apertura della serratura in ogni caso. Tra le strazianti urla di dolore e aiuto, anche la compagna del padre vuole soccorrerli, scavalcando un piccolo tetto per entrare dal balcone della cucina. Rompe il vetro, ma per poco non muore anche lei asfissiata dal fumo velenoso.

È stato un terribile incidente. Le fiamme sono state causate da uno degli oggetti che sparsi per casa, avrebbe dovuto far parte delle loro vite: un monopattino elettrico messo sotto carica, la  cui batteria è stata ritrovata liquefatta addosso una presa da cui è scattata la scintilla. La combustione probabilmente è stata alimentata dalle tracce di vernice fresca.

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