Di Laura De Pastena. Dal concepimento fino alla nascita, per tutta l’adolescenza e anche nell’età adulta, i consultori familiari tutelano la salute della donna e del bambino. In Italia sono 1800 i consultori, ma sono troppo pochi rispetto ai bisogni della popolazione. Offrono servizi essenziali con delle differenze nelle diverse aree del paese. Una sanità a due vie: per le donne di serie A e di serie B…anzi Z. Una vergogna da denunciare e da non tacere

In alcuni paesi in provincia di Frosinone, i consultori sono stati chiusi, o spostati o addirittura manca qualche operatore sanitario. Ad esempio, ad Alvito il consultorio familiare, come anche la guardia medica, viene chiuso. Chiuso per i tagli della spesa pubblica, piano stabilito dalla Asl provinciale. Il malcontento da parte della comunità non si è fatto attendere chiedendo all’amministrazione comunale di battersi per i servizi pubblici e alla loro riapertura nel territorio. Stessa sorte per il consultorio di Monte San Giovanni Campano, chiuso ormai da mesi. I cittadini, per un consulto o per qualsiasi necessità sono costretti a rivolgersi alla struttura, ormai chiusa, solo in caso di reale necessità. Anche qui, viene fatto un appello alla Asl provinciale per rendere, il prima possibile, i locali operativi.

Diverso il caso del consultorio di Priverno. Ha ripreso a funzionare presso l’ospedaletto di Borgo Sant’Antonio. Il suo lavoro ha svolto un servizio fondamentale per tante famiglie che si ritrovano in attesa di un figlio, o nei primi mesi dalla nascita attraverso corsi preparatori, visite, indirizzi di vario genere. Ma dov’è la pecca? In questo consultorio famigliare, oltre all’ostetrica che viene affiancata da una dottoressa di base, manca la figura ginecologica, fondamentale in questa struttura. Anche in questo caso, si chiede di fare il possibile per risolvere questa situazione e di stanziare i fondi necessari per fa si che questo problema possa essere risolto.

In base ad un progetto finanziato e promosso dal ministero della Salute e coordinato dal Reparto salute della donna e dell’età evolutiva, viene fatta un’indagine effettuata su 1.800 consultori italiani. E’ emerso che il numero di questi centri sul territorio è quasi la metà in rapporto ai bisogni della popolazione. In Italia, infatti, vi è un consultorio ogni 35.000 abitanti sebbene la legge 34/96 ne preveda uno ogni 20.000.

Nonostante la frequente indisponibilità di risorse dedicate e la carenza di organico, tutti i consultori svolgono un’insostituibile funzione di informazione a sostegno della prevenzione e della promozione della salute della donna e in età evolutiva. Accompagnano il percorso nascita seguendo le donne in gravidanza e nel dopo parto, offrono lo screening del tumore della cervice uterina e garantiscono supporto a coppie, famiglie e giovani.

Purtroppo questi centri, funzionano meglio e sono situati tutti al nord. Prendendo come indicatore il numero medio di ore lavorative settimanali per 20.000 abitanti previste per le diverse figure professionali per rispondere al mandato istituzionale, solo 5 regioni del Nord raggiungono lo standard atteso per la figura dell’ostetrica, il ginecologo, lo psicologo e nessuna per l’assistente sociale, che al Sud registra un numero medio di ore settimanali (14) che è quasi il doppio rispetto al Centro (8 ore) e al Nord (9 ore).

Tutto questo si ripercuote anche nelle province del territorio, dove alcuni consultori sono spesso accorpati ad altre istituzioni o sono a pagamento. Con la crisi economica sempre meno persone possono spendere le loro risorse economiche e questi centri, sono essenziali per prevenire ma anche aiutare tutte quelle famiglie e tutte quelle donne che non possono permettersi una consulenza ginecologica privata.

 

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