Di Giovanna Bacco.  La verità è che non parliamo più, non comunichiamo più. Abbiamo smesso di farlo ormai, invasi

completamente dai social, dai  messaggini, dalle videochiamate. E allora affidiamo tutto a questi

potentissimi strumenti digitali: ci scambiamo il buongiorno, la buonanotte, litighiamo e poi facciamo

la pace, confessiamo i nostri segreti più intimi ad un’amica, ci scambiamo gli auguri, ci chiediamo

scusa se non riusciamo più ad essere presente ad un appuntamento, con tanto di emoticon.

Assegniamo, per esempio, le nostre paure, le farfalle nello stomaco, il batticuore, le nostre speranze,

i nostri occhi increduli, la nostra bocca spalancata ai segni di punteggiatura che usiamo nelle chat di

conversazione, ai quali diamo, forse anche un po’ inconsciamente, un compito importantissimo:

quello di esternare al nostro posto le nostre emozioni, i nostri sentimenti.

Tutto,  dunque,  passa  attraverso  un  mezzo  digitale,  uno  schermo,  un  filtro,  quasi  come  se  fosse

un’impostazione, uno schema da seguire, dove quasi non ci riconosciamo. Sì, perché poi, in fondo,

è vero, non siamo davvero noi stessi, non lo siamo profondamente… perché forse è più semplice

non esternare ciò che si pensa, ciò che si prova, ciò che è dentro di noi. Forse perché abbiamo paura

di entrare in contatto con l’altro, forse perché non ci fidiamo, forse perché abbiamo già sofferto

abbastanza,  perché  siamo  stati delusi,  perché  abbiamo  timore  di essere  pugnalati  alle  spalle, di

essere traditi. E tutto questo inevitabilmente ci condiziona. E la parola poi perde quella profondità

che la contraddistingue da sempre, perché le parole hanno un peso, e come se ce l’hanno.

Viviamo ormai da mesi in una situazione molto particolare che non è affatto facile da gestire da un

punto di vista relazionale, soprattutto per persone che, come me, hanno bisogno di una reciprocità,

di un affetto incondizionato, di un abbraccio, di uno sguardo pulito e trasparente, di un’“intimità”,

di “sentire” nell’anima la persona amata, la persona a cui si vuole bene. Perché credo che la forza di

un legame, di qualunque natura esso sia, si basi sul contatto, sulla presenza, sul liberarsi di tutto ciò

che  si  ha  dentro,  sul  denudarsi,  totalmente,  senza  preoccupazioni,  senza  aver  paura  di  essere

giudicati, di sbagliare, perché chi ci ama davvero ci accetta e ci accetterà sempre, nei nostri momenti

più belli, ma anche e soprattutto in quelli più bui.

Con  Marco,  allora,  abbiamo parlato  proprio  di  questo…  di  quanto  sia  sempre  più  difficile  oggi

comunicare, parlare, parlarsi, in uno scenario che potremmo definire non comunicativo,

antigiornalistico, che va contro quello che è il giornalismo di vita che stiamo imparando,

raccontando, in questo Laboratorio.

E allora chiedo a voi, ragazzi: da quando le nostre emozioni hanno bisogno di un messaggio o di una

faccina o di un segno di interpunzione? Perché abbiamo smesso di guardarci negli occhi, di metterci

a  nudo  completamente  con  le  persone  che  amiamo?  E  voi  come  vivete  oggi  queste  relazioni,

specialmente in una situazione così delicata come quella del Covid-19 che ci limita fortemente in

tutto questo?