Di Mirko Vinci. “Felici Hunger Games, e che possa la fortuna essere sempre a vostro favore”. Un rituale macabro sta a simboleggiare questa frase, che riecheggia ogni anno mietendo giovani tributi che si affronteranno fino alla morte nella temibile arena degli Hunger Games, dove solo uno ne uscirà vivo con il titolo di vincitore. La saga, disponibile sulla piattaforma Netflix, ha conquistato il pubblico di ogni tipo di età, soprattutto grazie alla figura della protagonista, interpretata dal premio oscar Jennifer Lawrence, che si è fatta icona e portatrice dello spirito femminile; un vero e proprio modello ispiratore da seguire e da imitare. Una serie che nasconde molto più di quanto tralascia vedere allo spettatore più distratto, in quanto si presenta come un riassunto esaustivo della nostra società, in cui l’orrore aggrada e in cui ogni singolo avvenimento viene strumentalizzato per l’unico scopo di fare audience, proprio come dei ragazzi che combattono l’un l’altro di fronte ad una folla appagante che sembra assistere ad uno show televisivo, facendo scommesse dietro la televisione di casa, mentre dall’altra parte si combatte per la vita o la morte. Molte persone oggi si sentono controllate e limitate dalla società, basti pensare ai regimi dittatoriali che ancora esistono in alcune parti del nostro mondo. Quello di “Hunger Games” non è altro che uno di questi regimi, la cui realtà non è nulla di impossibile o di lontano rispetto a ciò che il passato ha insegnato. Un mondo dove l’opinione non ha alcun valore ed il tutto è subordinato al corretto funzionamento del sistema, in cui l’uomo non è più uomo, ma carne da macello. Dipendenza ed interdipendenza si intrecciano, la sopravvivenza dell’uno trova senso solo attraverso quella dell’altro e in un gioco che cerca di eliminare ogni traccia di umanità presente nell’essere umano nasce proprio quella scintilla che ha lo stesso odore del vento del cambiamento. È nelle situazioni più orribili che amore, coraggio, altruismo e sacrificio trovano il massimo splendore. Pensiamo al coronavirus come la medesima arena della pellicola, non si potrebbe mai permettere al nemico in questione di isolarci mettendo in risalto solamente la sopravvivenza del singolo, ma è proprio grazie ai valori che possono nascere dalle difficoltà che si può distruggere il sistema dall’interno e tornare ad avere la vita che si aveva un tempo, preclusa ora da un gioco mortale, ora da un virus o domani da un governo dittatoriale che vuole eliminare la speranza. È proprio la speranza l’arma più temibile, temuta persino dall’antagonista della serie: “Speranza. È quella l’unica cosa più forte della paura”.