Di Martina Di Lernia. Ci chiamano “gioventù bruciata”: siamo “bruciati” per varie motivazioni, anche plausibili, ma spesso questa espressione viene utilizzata per dare spiegazioni sommarie e giudizi negativi .

Uno dei caratteri che contraddistingue questa “gioventù bruciata” è l’uso costante di parolacce e, spesso, purtroppo anche di bestemmie. C’è da considerare un fattore importante: la parolaccia è divenuta per tutte le età, ormai, parte del nostro linguaggio colloquiale, spesso è usata in modo aggressivo ma anche in modo ironico ed amichevole; insomma, dipende dal contesto.

La colpa d’altronde non è da attribuire solamente ai ragazzi, ma anche e soprattutto agli adulti: studi scientifici dimostrano che i bambini tendono ad imitare gli adulti che li circondano, ripetendo le loro parole, anche se magari non ne capiscono ancora a pieno il significato, e una volta cresciuti e aver acquistato questa terminologia, gli adolescenti utilizzano queste espressioni per adattarsi ai loro coetanei, per sentirsi più forti e più grandi quando sono in gruppo, o anche come forma di ribellione nei confronti di chi li circonda.

C’è anche da dire che ormai la parolaccia è un mezzo espressivo talmente tanto radicato nel nostro linguaggio, che viene utilizzato addirittura anche nei programmi televisivi, film, video e quanto altro, senza alcuna censura.

Negli ultimi anni vi è una moda tra i tanti: l’utilizzo della bestemmia. È vero, non stiamo più sotto l’ingerenza costante di un Papato che mette al rogo per l’utilizzo di una blasfemia e anche se c’è una sanzione per chi impreca dal 1999, questa non viene mai considerata se non in rarissimi casi.

Non si tratta più di “giusto o sbagliato” , ma di una vera e propria mancanza di rispetto e di sensatezza: non si tratta più di credere o meno, perché bestemmiare una divinità che credi non esista non ha senso allo stesso modo del bestemmiare contro una divinità che credi che esista.

Quindi, è talmente tanto grave l’utilizzo di una parolaccia da parte di un adolescente? Probabilmente no, a seconda del luogo e del momento in cui la utilizziamo.