Di Francesco Stefanelli. E così giunge al termine la 71esima edizione del festival di Sanremo che rimarrà nella storia non solo per il periodo in cui si è svolto, ma anche perchè ha visto trionfare inaspettatamente e contro ogni pronostico un gruppo rock.

I Maneskin, il visetto acqua e sapone del rock italiano, si sono aggiudicati la vittoria spazzando completamente ogni preconcetto circa la loro figura. Questo segna un’indelebile macchia nell’immaginario collettivo, ormai abituati alla figura della cantante vecchia scuola come una Orietta Berti o una mummia vivente formato Vannoni. C’è però da soffermarsi sulla figura dei vincitori. I Maneskin uscirono da X Factor con tutte le promesse del mondo e un futuro roseo davanti a loro. Futuro che li ha visti trionfare davanti ad artisti con più anni di esperienza al festival della musica italiana. Ciò non toglie che la loro performance, seppur impeccabile, possa essere l’inizio di uno sfruttamento più celato da parte dei discografici. Come successe già negli anni 80 oltre oceano con il nascente glam metal, gruppi come i Maneskin potrebbero diventare delle sgualdrine sforna hit di nuova generazione. Non c’è da meravigliarsi se tra tutte le proposte di questo festival il brano del giovane quartetto sia quello più radio friendly, del tipo che si mette in macchina durante un viaggio verso la spiaggia. Però va spezzata una lancia in loro favore, perchè tolto un Achille Bowie sono stati gli unici ad osare, ad andare contro ogni stereotipo e insulto da parte della vecchia generazione “boomer”. L’immagine con cui riassumere il passaggio di testimone generazionale può essere rappresentata dall’esibizione di Riccardo Fogli, Paolo Vallesi e Michele Zarrillo che ha preceduto l’esplosione di gioia nella premiazione ai Maneskin, segno che è il momento che i tempi cambino. Le altre posizioni del podio hanno visto al secondo posto il duo Fedez-Michielin e al terzo posto un amareggiato Ermal Meta. Quest’ultimo ha giocato interamente sulle proprie forze, non trovando però quella giusta spinta per dare di più, mentre Fedez e la Michielin hanno trovato la più totale attenzione da parte del Codacons riguardo la possibile influenza della moglie di Fedez, Chiara Ferragni, sulle votazioni da parte dei suoi follower. Insomma, un Ferragni’s gate in piena regola. Il festival ormai va inteso non come una competizione per l’ambita Statuetta del Leone, ma una vetrina per farsi pubblicità. Non importa quanto impegno o non ci si mette, non importa chi andrà a rappresentare l’Italia all’Eurovision, non importa chi presenta le serate o chi è ospite o se lo si fa per risollevare in modo simbolico il mondo dello spettacolo (da ricordarsi che nella scorsa edizione i musicisti dell’orchestra venivano pagati 50 euro al giorno a fronte dei cachet faraonici degli ospiti), tanto la canzone in radio sarà lì in rotazione perenne per un anno buono, volente o no. Quindi la domanda che c’è da porsi è se sia stato necessario un festival di Sanremo in un 2021 che si porta e che si porterà ancora sulle spalle le vesti malate del 2020 e che vede un paese al limite del declino.