Di Federico Manzi. “È stato un momento meraviglioso, di cui siamo onorati: eravamo entusiasti di entrare a far parte della famiglia dell’AS Roma”. Sono state queste le prime parole di Dan e Ryan Friedkin poco dopo aver preso le redini della società giallorossa, lo scorso agosto. Per i tifosi uno spiraglio di luce in mezzo alla tempesta, durata ben dieci anni. I Friedkin, dal canto loro, non hanno mai amato parlare e fare promesse, ma piuttosto far parlare i fatti e questa politica –naturalmente- vale anche oggi che risiedono fissi nella Capitale. Fatti che, fino ad ora, hanno visto l’abbandono dei terreni di Tor di Valle per la costruzione dello stadio; presenza incessante del magnate americano (seguito sempre dal figlio e collaboratore Ryan) in ogni singolo match della squadra giallorossa; esubero della rosa a fine stagione, con le zavorre pluri-pagate che verranno, gentilmente, accompagnate all’uscita di Trigoria;  e cosa più importante, dopo lunghi colloqui e dopo aver visionato molti profili, hanno deciso di ingaggiare il giovane Tiago Pinto, portoghese anche lui, come nuovo direttore generale.

 

Tempo. Questo hanno chiesto ai tifosi, all’unisono, gli americani ed il portoghese. Richiesta più che auspicabile, oserei dire, ma senza tralasciare quello che ad oggi conta di più: il presente, appunto. In ambito societario l’impegno di far crollare gli innumerevoli debiti lasciati in eredità da Pallotta, con un drastico aumento del capitale finanziario e l’uscita della società dalla borsa. In primis, però, l’obiettivo di risolvere e gestire la questione squadra. La conferma di quanto la Roma, nonostante il cambio di proprietà e nuovi dirigenti, sia ancora una società da affinare, la abbiamo proprio sulla questione allenatore con i Friedkin che vorrebbero azzardare la conferma di Fonseca solo ed esclusivamente in caso di qualificazione alla prossima Champions League contro il parere opposto di Tiago Pinto, che vorrebbe continuare con l’allenatore portoghese a prescindere dal risultato finale di questa stagione. Società, ad oggi, divisa a metà su questo delicato argomento così come i tifosi, stufi di doversi accontentare del solito allenatore mediocre che, a malapena, lotta per il quarto posto.

Insomma, finito il campionato, in un modo o nell’altro, qualcosa accadrà dalle parti di Trigoria. Oltre ad essere un presidente sempre presente (a differenza di Pallotta) Dan dovrà, necessariamente, abbinare anche l’autorità di saper prendere decisioni difficili e far sentire in qualsiasi caso la propria voce (non come la gestione alquanto discutibile della discussione Dzeko-Fonseca di gennaio); compito più delicato, invece, quello di Tiago Pinto: l’impegno –e l’obbligo- di fornire all’allenatore della prossima stagione, dei giocatori di qualità ma, soprattutto, con la fame negli

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