Di Alessandro Gibertini. Non siamo su “Scherzi a parte” ma forse peggio: appena due giorni dopo la creazione della Superlega il progetto ha fatto il botto mostrandosi come uno dei più grandi flop della storia. I club fondatori hanno ufficialmente sospeso la competizione a data da destinarsi. Il calcio “genuino” ha vinto. I tifosi si sono ripresi il proprio sport. La Superlega viene illustrata come un’idea rivoluzionaria dai propri “creatori”. Come una salvezza e una sana novità per un mondo che, a detta loro, starebbe perdendo sempre più di appeal. Ma se si dà un rapido sguardo ai partecipanti, si capisce come siano solo parole di circostanza. È solo per interesse, per i benefici. Ah, maledetto dio denaro. La dimostrazione è il conto in rosso di queste squadre. Con il bottino promesso da J.P Morgan (490 milioni a testa) è facile risanare la montagna di debiti che assale fino al collo i rispettivi presidenti. Fin troppo facile. Uno schiaffo in faccia a chi ha sempre rispettato le regole. Che poi, che il calcio sia un business non è una novità. È particolarmente “goliardica” anche la protesta della UEFA. Da un lato sì, è vero. Si accede alle coppe loro certificate attraverso la meritocrazia (il piazzamento nazionale nei propri campionati), che è alla base del calcio popolare. Una qualsiasi squadra può sognare un giorno di affrontarsi con le più forti d’Europa. Ma d’altra parte, i club più in voga sono sempre più avvantaggiati. Basti pensare alla “patetica” regola del Fair Play finanziario. Oggi, finalmente caduta in disuso.

Čeferin, presidente della UEFA, controbatte la Superlega con la nuova formula della Champions League in vigore dal 2024. Una formula imbarazzante e senza senso. Un girone di 36 squadre. Ognuna delle quali gioca 10 partite. Le prime 8 passano di diritto agli ottavi. Dalla nona alla ventiquattresima classificata, si parla di playoff. Se l’intenzione era far passare in secondo piano la nuova Lega, la UEFA non ci è riuscita. Anche da questo si capisce come ci sia in atto una guerra a chi guadagna di più.

Dopo la famosa notte della proclamazione della “Super competizione”, è scoppiata una vera e propria rivolta. Una rivolta emozionante. Una rivolta da parte di chi ama questo sport. Di chi ama l’imprevedibilità, la speranza, il sogno. E non si ferma al semplice bene finanziario. La prima scintilla scocca dai social. Ander Herrera, centrocampista del PSG, ha mostrato il suo disappunto in una story di Instagram. Ripresa poi da altri suoi colleghi. Da lì a poco, è un susseguirsi di avvenimenti. Rifiuti di accesso da parte di Bayern Monaco, Borussia Dortmund, Psg, Roma e Napoli. Il Leeds scende in campo contro il Liverpool con la maglia: “Football is for fans” (Il calcio è per i tifosi). Poi arrivano le dichiarazioni degli allenatori, gli stessi calciatori, dei giornalisti, dei politici addirittura, contrarie a questa “malsana” idea. Ma quello che fa più rumore è la rabbia dei sostenitori delle proprie squadre. Striscioni per le città, cori contro la società, social in delirio. L’evento simbolico della giornata più controversa degli ultimi tempi è lo sbarramento della strada da parte dei tifosi del Chelsea. L’autobus dei Blues non ha potuto accedere allo stadio per un paio di ore. È Petr Cech, storico ex-portiere in maglia blu, a scendere per calmare la folla.

Questo caos mediatico costringe i 12 club a riunirsi. In nottata, sono le 6 inglesi ad abbandonare per prime il progetto. Decisione che pian piano prende anche la maggior parte delle restanti. Le italiane (Juventus, Inter e Milan) ufficializzano il loro abbandono. E l’Atletico Madrid è l’unica spagnola a tirarsene fuori. Restano solo Real e Barcellona adesso. I dubbi, però, rimangono. La “secessione” è dovuta all’amore per i tifosi, alla paura di conseguenze, o ad “offerte” UEFA per non perdere i propri telespettatori? Probabilmente, non ci sarà mai una risposta.

Nelle ultime ore, Gravina, presidente della FIGC, si è esposto sull’accaduto: “Le tre italiane non subiranno sanzioni. Un’idea non concretizzata non è punibile”. Però la UEFA non sembra essere dello stesso canto. Il giorno chiave sarà venerdì. Quando avrà luogo una riunione speciale per decidere sul da farsi.

Intanto, Florentino Perez (presidente del Real Madrid e della Superlega) e Andrea Agnelli (presidente della Juventus e vice della Superlega) si dicono fiduciosi. La loro convinzione è che un giorno il progetto verrà accettato. Rimane l’ipocrisia del N.1 bianconero. Fino al giorno precedente all’annuncio della nuova competizione, era membro onorario proprio della UEFA.

Nonostante una delle pagine più ridicole del calcio, i tifosi hanno vinto. Noi tutti abbiamo vinto. Almeno per ora. In Spagna, le proteste e le manifestazioni non sono certo al culmine data la situazione. Maglie Anti-Super League e vandalismo verso gli autobus dei Galacticos e dei Blaugrana sembrano esser solo un assaggio.

 

Una cosa è certa. Le conseguenze del fallimento non tarderanno ad arrivare.

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