Di Carlotta Foschini .Ancora pochi, troppi pochi casi in cui un genitore viene visto come un punto di riferimento. Moltissime situazioni, invece, in cui viene percepito  come un punto di crollo, di fallimento..di alienazione. Un bambino, che si sta per aprire al mondo, considera il proprio genitore come un “modello”, infatti, secondo la teoria di Freud, egli si identifica con il genitore del suo stesso sesso e, inevitabilmente, lo idealizza e lo segue. Un bimbo pensa al papà come il suo “eroe”, colui che sa tutto e che quando ha un problema c’è sempre, il suo forte, fortissimo papà. Una bimba, invece, vede la mamma come la più brava del mondo, la più bella e pensa che da grande vorrebbe essere come lei. Il compito dei genitori dovrebbe essere quello di assumersi le proprie responsabilità, come ad esempio quella di educare un figlio, di imparare a “formarlo”, dargli una “corazza” per quando poi diventerà “maturo”. Bisognerebbe capire che, proprio perché il bambino ti vede come il suo “supereroe”, è facilissimo fargli del male ed è facilissimo che si riesca a distruggere questo suo pensiero e a trasformarsi, da genitore, ad un punto di crollo o di alienazione. Come ad esempio un genitore che non dà affetto al proprio figlio. Quest’ultimo se la prenderà con lui per il vuoto che sente, dato da quella mancanza ,ma, magari non glielo dirà mai e questo porterà a creare un muro fra i due. Da una parte c’è il figlio che è in contrasto con il padre ed è fermo sulle sue convinzioni e dall’altra parte, invece, il papà non percepisce quale problema ci sia……. ed ecco i silenzi, più pesanti di macigni Ci dovrebbe essere un rapporto di comunicazione, bisognerebbe capire che, da figlio non è vero che i genitori non possono capire, e da genitore, non è vero che i figli non  vogliono mai ascoltare. Da figli si deve capire che proprio perché la mamma e il papà dovrebbero essere un punto di riferimento, se si ha bisogno di qualcosa si può pensare che loro saranno in grado di capire e di ascoltare, proprio perché sono stati giovani anche loro, e quello che i figli sentono, i loro dubbi, il loro sentirsi “grandi” e “indipendenti” l’hanno vissuto in prima persona. Non bisogna generalizzare: non  tutti i genitori sono; per alcuni il dialogo alla fine avviene spontaneo, per altri è più difficile. Ogni genitore ha una sua storia, ed ogni padre o madre ripropongono ai loro figli ciò che hanno vissuto. Molte volte il silenzio non è meglio, le parole “non dette” possono portare ad un isolamento, pensando di fare la cosa giusta, tanto si sa “ i genitori non capiscono”. Invece dovrebbe essere importante il dialogo in una famiglia, proprio perché questa dovrebbe essere considerata “un rifugio”, “una protezione”, un posto in cui non sentirsi mai giudicati.