Di Giorgia Rinaldi

Mentre le discriminazioni e le aggressioni legate all’identità di genere e alla disabilità continuano, in Senato la “nostra” classe politica ha calpestato i diritti civili di ogni cittadino italiano. Il disegno di legge Zan, che prevedeva “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’identità di genere e sulla disabilità”, il 27 ottobre è stato messo alla tagliola e rigettato da una classe politica che dovrebbe garantire i diritti di ognuno di noi. Un disegno di legge che mirava a tutelare la libertà individuale, è stato bocciato da una classe politica che nella Commissione di Giustizia ha riso in faccia alla sofferenza di chi, sulla propria pelle, ha sofferto e soffre le aggressioni psicologiche e fisiche dovute alla propria natura. Un’intera classe politica che si è impegnata maggiormente nel continuare una guerra reciproca e avversaria, invece di lottare per garantire protezione e il diritto nell’essere liberamente sé stessi. Una guerra in cui non doveva esserci nessuna forza politica vincitrice, perché l’unica cosa che doveva prevalere era la tutela dell’essere umano. Invece, l’unica vincitrice di questa guerra strategicamente sconfortante è stata la crudeltà , esaltata dagli applausi e dall’esultanza di coloro che, in Senato, hanno gioito nel vedere l’esito dei voti contrari per esaminare il disegno di legge Zan. E mentre dentro l’aula del Senato si festeggiava il proprio fallimento politico, fuori Palazzo Madama la maggioranza del popolo italiano, di fronte a quelle immagini da tifoseria da stadio, soffre, prova ribrezzo e delusione. Un popolo che, stanco di continuare a sentire e leggere i numeri crescenti delle vittime di violenza legata all’omotransfobia, decide di insorgere nelle piazze di ogni città. Perché mentre i nostri rappresentanti politici sono più concentrati nel dover “vincere” sulle spalle del prossimo, la popolazione italiana crea nuovi presupposti per il futuro, facendo rumore. Molteplici le proteste nelle piazze italiane per combattere quei dati che ad oggi spaventano, infatti nell’ultimo anno secondo il report di “omofobia.org” 190 sono le vittime che hanno subito violenze per la loro natura; tre episodi ogni settimana, più di una vittima ogni due giorni e da questo dato, escludiamo tutti coloro che hanno supportato tali violenze senza porre denunce. Numerose sono le persone che soffrono in silenzio per paura e perché si sentono incompresi, in un paese che non vuole riconoscere la loro natura e garantire la loro difesa. Troppe ancora sono le vittime di un odio che poteva trovare il suo termine con l’approvazione del Ddl Zan, ripartendo con un cambiamento ideologico nelle scuole, eliminando la ghettizzazione legata a stereotipi antichi e remoti. I dati parlano da soli e noi siamo stanchi di portare sulle spalle il peso di decisioni sbagliate. Per questo proprio adesso, ora “che non si può fare più niente perché il Ddl Zan è stato affossato” come molti teorizzano, è in realtà il momento di fare qualcosa, di alzare la voce, di pensare a come poter contrastare tutto ciò e magari un giorno poter cambiare quei numeri che tristemente, riempiono le pagine giornalistiche di cronaca nera. Mi è stato insegnato che la parola “ormai” non esiste e specialmente in questo caso, non può esistere.