Di Carlotta Foschini . Quando un messaggio può diventare un coltello che perfora, disintegra, ferisce una persona dall’altra parte dello schermo, si parla di cyberbullismo. Il bullismo c’è sempre stato ed è un argomento delicato e difficile da gestire e controllare, ma negli ultimi anni con l’avvento di internet e della tecnologia, c’è un fenomeno ancora più diffuso e incontrollato che è proprio il cyber bullismo. Ancora un passo avanti e uno indietro. Uno strumento come internet,che si dovrebbe usare per cercare, per crescere, per migliorare all’interno della società, viene utilizzato per fare del male agli altri. Questo mezzo colpisce in profondità le persone  tramite coloro che si sentono “invisibili” ed “intoccabili” dietro ad uno schermo. La differenza tra realtà e web, è che nella realtà, si può essere vittima di bullismo da parte di un numero relativamente piccolo che può essere da uno a un massimo di dieci per qualche ora al giorno. Ciò non è plausibile, ma si pensi ad un social, a messaggi che si potrebbero ricevere 24 h su 24h, dove non si ha più il controllo di niente. Si ha tremendamente paura ad accendere il cellulare, perché ogni volta si è devastati da sms, da insulti e dalla cattiveria della gente. Come si può tutto ciò? Non si può provare piacere e soddisfazione a distruggere le parti più fragili, più intime, di un bambino, un ragazzo o adolescente che sia. E si pensi quando a scuola un ragazzo è vittima di bullismo e tornando a casa non riesce ad avere un po’ di tranquillità, non riesce ad avere il tempo di riprendersi che subito dietro l’angolo appaiono messaggi, insulti, aggressività, rabbia che annientano profondamente quel ragazzo, che non lo lasciano in pace neanche un minuto,e che sono come voci nella testa che non permettono di pensare. Parole che lacerano dentro senza che se ne accorga. Come ci si potrebbe sentire, “leoni da tastiera”, se una delle vittime fosse una vostra persona cara? Non si può e non si deve pensare che le parole non hanno un peso. Grazie alle battaglie di persone come il padre di Carolina Picchio, che si è suicidata a 14 anni scrivendo “Spero che adesso sarete più responsabili con le parole”,  ci si è messi all’opera e la prima legge italiana contro il cyberbullismo è uscita nel 2017 per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno. Uno dei passi per contrastarlo è far sapere, lottare per far capire ai ragazzi, agli adulti come ci si sente ad essere presi di mira. Come ci si sente a ricevere violenza, insulti continui ogni giorno e come possa essere sconvolgente non avere un minuto di tregua, non potersi sentire bene. Bisogna far capire che per quanto possa far paura, per quanto si pensi che non fa male, che non è niente, in realtà non è vero che sono solo messaggi perché quelle frasi lavorano dentro piano piano e prima o poi le conseguenze si sentono. Bisogna chiedere aiuto a qualcuno di più esperto, a qualcuno che possa porgere la mano ed aiutare. Per coloro che giocano a maneggiare le insicurezze delle persone, non è bello, come si fa a pensare che non ci possa essere una conseguenza nel fare ciò? Non si riesce ad accettare il diverso, qualcuno più fragile o qualcuno che non conosciamo e anziché imparare e scoprire un nuovo mondo, si preferisce attaccare e insultare una persona, distruggendola e segnandola per sempre.