Di Martina Sambucini. Tante volte ho pensato di non potercela fare, di non riuscire a trovare le parole giuste, di non essere capita ma fraintesa, ho avuto paura di emozionarmi, di bloccarmi, di non riuscire a sostenere un confronto con gli altri ed in primis con me stessa. Ho stacciato parecchie pagine cercando di trovare la forma migliore, di disegnare un quadro perfetto che poi alla fine non mi identificava mai. Non è facile scavare nelle emozioni, trovare cause e conseguenze, stabilire vittime e colpevoli, soprattutto se tutto questo è racchiuso dentro di noi. Mai lo avevo fatto prima, o meglio, mai avevo messo per iscritto ciò che in realtà ho sempre saputo, ufficializzandolo in qualche modo. Poi è successo, senza che me ne rendessi neanche conto, a poche ore dal dibattito mi sono messa a scrivere tra le note del telefono, in una sera particolare, una di quelle in cui i conti con te stessa non tornano. Ho sfruttato l’occasione e ho cercato di fare tutti i calcoli possibili per far tornare i conti di una vita; ho scritto e ho pianto, ho riso, ho ricordato, ho accettato, rifiutato, e mi sono liberata. Le parole sono uscite da sole, le dita scorrevano automaticamente sullo schermo, come se finalmente la mia anima parlasse per me e non la mia testa. Paradossalmente la parte più difficile era superata, si perché più che il confronto con gli altri ciò che mi spaventava era non trovare le parole giuste da dire a me stessa. Il giorno dopo non nego un po’ di emozione mista ad un senso di responsabilità, mi ero presa la responsabilità di mettermi a nudo, quindi dovevo assumermene le conseguenze. Arrivato il momento di iniziare a leggere il mondo era sparito, in quell’aula enorme c’ero solo io con il mio foglio, io con me stessa. Ho dato voce a quelle parole scritte, che si sono materializzate davanti a me, permettendomi di rivivere in pochi secondi la mia vita, il mio percorso, il mio cambiamento. Arrivata all’ultimo punto alzo lo sguardo, vedo volti di persone sconosciute che mi avevano ascoltata, vedo occhi sinceri, vedo sorrisi e condivisione. In quel momento ho i brividi e realizzo che non c’era modo migliore per disegnare il mio quadro perfetto se non quello di usare i colori della mia esperienza. Mi sono sentita sollevata, avevo ammesso a tutti me stessa, la mia versione più pura e autentica. Il dibattito è stato un continuo scambio di opinioni e di spunti di riflessione che mi hanno aiutata ancora di più a tirare fuori ciò che era rimasto dentro per troppo tempo; mi sono sentita capita ed è stato bellissimo ritrovare punti di connessione e di interesse nei miei ascoltatori. Devo dire la verità, non immaginavo che quest’esperienza potesse lasciarmi così tanto dentro, non pensavo nemmeno che dalla mia storia potesse nascere un dibattito così stimolante e costruttivo, soprattutto per me. Sono tornata a casa e ho realizzato di essere in qualche modo una persona diversa, mi sono guardata allo specchio, ho fatto un grande sospiro, un sorriso spontaneo e mi sono ringraziata per averlo fatto, per aver superato un mio limite, la barriera che metto sempre tra me e il mondo ed aver scoperto un terreno sicuro, di crescita e solidarietà.

La giornata si è conclusa leggendo i commenti dei ragazzi sul dibattito, che emozione, e che soddisfazione; ero riuscita a farmi capire e soprattutto ad arrivare alle persone, fungendo da spunto di riflessione per qualcuno di loro, è bello pensare a come, donando me stessa sia riuscita in qualche modo ad aiutare anche solo una persona a dipingere il proprio quadro. I ringraziamenti vanno naturalmente rinnovati, a tutti i ragazzi per l’interesse, la delicatezza nel porre le domande, l’interesse nell’ascoltare le mie risposte e nel condividere idee, opinioni ed esperienze; e al professore, che ci permette di imparare tanto nelle sue ore di lezione, non solo di tecnica giornalistica, ma da noi stessi e dagli altri, per la vita

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