Di Aurora Baldoni. Uomini che insultano, picchiano, feriscono, violentano ed uccidono la compagna, la fidanzata, la moglie, la ex.

Uomini che non accettano un rifiuto, un abbandono, un’idea diversa dalla loro.

Ci si domanda cosa avvenga nella mente degli uomini maltrattanti ed assassini e soprattutto quali siano le radici della loro violenza.

Fornire un identikit preciso del femminicida risulta quasi impossibile, la cronaca infatti ci mostra casi di uomini di diverse estrazioni sociali, i quali commettono questi atti estremi di violenza.

L’ambito socio culturale di provenienza, l’abuso di alcool e droghe possono certamente influire sullo sviluppo del comportamento violento ma non ne costituiscono le uniche cause.

Infatti molti femminicidi si verificano all’interno di ceti medio-alti.

In alcuni di questi casi, l’uomo cresciuto nella cultura del benessere totale, tende a mettere al centro della coppia se stesso, infliggendo maltrattamenti psicologici e fisici per affermare a tutti costi la sua personalità.

Nei diversi contesti sono comuni ed evidenti le pretese narcisistiche dell’uomo abusante, il quale non accetta di essere contraddetto e non permette alla partner di esprimersi liberamente, negandole addirittura tutte le ulteriori relazioni sociali e pretendendo un rapporto esclusivo.

La violenza di genere è un problema culturale, soprattutto nelle società patriarcali, ma è anche accompagnata da problemi di tipo psicopatologici.

Gli uomini che soffrono di questo tipo di disturbi che sfociano in violenza, necessiterebbero di terapie psicologiche volte alla comprensione dell’esatto concetto di amore.

Numerose in Italia, sono i centri che accolgono uomini che hanno avuto comportamenti violenti nei confronti delle donne, muniti di staff multidisciplinari composti da psicologi, psicoterapeuti, psichiatri ed educatori, trai i quali ricordiamo il CAM, prima onlus italiana.

Questo è un ulteriore passo per tentare di limitare il fenomeno del femminicidio.