Di  Giorgia Rinaldi. Cominci l’università e mai ti aspetteresti dopo due mesi dall’inizio di tutto, di trovarti a parlare di fronte 30 persone di qualcosa che hai tenuto sempre ed esclusivamente dentro di te. Specie se sei come me, incapace di esternarsi troppo, di condividere determinati pensieri, sentimenti o esperienze. Ma poi ti ritrovi in questo laboratorio di Redazione giornalistica dove ogni vissuto diventa fonte d’ispirazione, di riflessione, di crescita, perché condiviso con tutti quelli che ne fanno parte. Ritorni a casa dopo una lezione e ci pensi alle parole che gli altri hanno scritto, che possano toccarti in prima persona o meno. Prima di iniziare questo corso pensavo che ciò che vivevo potesse riguardare solo me, ma sentendo i differenti dibattiti che ci sono stati durante il corso delle lezioni, ho cominciato a pensare che tutti ci troviamo di fronte a degli ostacoli, che tutti possiamo provare le stesse sensazioni, che esperienze così simili ci fanno sentire meno soli e che situazioni così differenti ti fanno aprire gli occhi e ti portano a consapevolezze enormi. Quindi sì, è giusto tenere strettamente qualcosa per sé in maniera che sia irraggiungibile agli altri, ma se qualcuno ti dà l’opportunità di aprire il vaso di pandora per riflettere insieme, allora cogli l’occasione per farlo. Perché anche se richiede molte energie, poi sei contento di averlo fatto. Anche se è qualcosa che non appartiene al tuo solito modo di fare è un’opportunità che può legarti a te stesso. Quindi ho deciso di farlo anch’io, perché non tutti gli equilibri sono fatti per rimanere stabili e si sa, quando si rompe un equilibrio, possono esserci tante conseguenze. È come quando non smuovi mai la terra che hai in un giardino o in un vaso; diventa dura, si secca. Se la smuovi, invece, può essere ancora nutrimento. Allora decido di farlo anch’io, decido di rompere l’equilibrio, di aprire quel vaso e far uscire quell’esperienza che marciva da troppo tempo dentro di me. Supero la vergogna, il timore di parlare, di essere giudicata, blocco le lacrime, cerco di fermare l’ansia che si intrometteva nelle parole che pronunciavo… senza neanche essermene accorta ho finito di parlare. Dipendenza affettiva, un amore che soffoca. Ho parlato della mia esperienza perché l’ho vissuta io, ma ormai non è più solo mia, è di tutti coloro che erano presenti in aula. È di tutti coloro che mi hanno posto una domanda e mi hanno consegnato un nuovo spunto di riflessione, è di ogni considerazione che mi ha spinto a interrogarmi ancora una volta e che mi ha dato un punto di forza. E allora sì, in quel momento ho pensato che rompere l’equilibrio porta nutrimento, diventa esso stesso qualcosa che nutre. La domanda del professore è stata come un colpo al cuore:“: “Qual è la cosa che ti ha fatto più male?”. Blocco totale, la terra del vaso diventa nuovamente arida. Non che io non ci abbia mai pensato, ma mi sentivo sopraffatta. In quel momento qualcosa che era rimasto sospeso per un po’, è caduto e ha fatto ancora più rumore di quanto ne avesse fatto a tempo dovuto. Ha fatto rumore e l’hanno sentito più di 30 persone, persone che di me non sapevano nient’altro. Stavo cominciando a pentirmene. Ad ogni parola detta, mi tornavano in mente i singoli dettagli: la realtà era proprio di fronte a me, lucida, ridimensionata, cruda. Però comprendevo, capivo sempre di più. Ma senza il bisogno che io parlassi necessariamente, che in fondo non ne sono mai stata tanto capace, la verità è comunque emersa fuori. Il professore ha fatto rispondere gli altri dopo aver ascoltato le mie parole. Mi sono sentita compresa; ognuno, intervenendo, esprimeva il proprio punto di vista che coincideva esattamente con ogni singolo sentimento che avevo provato. Ho imparato tanto e non posso che ringraziare tutti. Non posso che ringraziare Camilla che mi ha fatto capire che voltare pagina e cambiare storia ti rende un’altra persona, una persona nuova. Ringrazio Chiara che raccontando la sua esperienza mi ha fatto sentire meno sola, spero che anche lei abbia capito che è arrivato il momento di non colpevolizzarsi più. Con questo dibattito sento di poter confermare quelle consapevolezze che stavano nascendo dentro di me e che a partire da questo momento saranno dei punti di partenza, per una rinascita. A conclusione posso dire che voglio cominciare realmente a vedere diversamente le cose. Voglio cominciare a pensare che ogni cosa succede per una ragione, che io la capisca o meno. Perché per tutti ci sono situazioni che sono difficili da affrontare, dove non si trova una ragione, un motivo di fondo, che abbia scatenato tutto. Ma queste situazioni sono necessarie, per tutti, perché ti possono far capire delle cose importantissime, possono aiutarti a conoscerti davvero. Anche se può far male, se presti attenzione, puoi imparare a vedere, puoi imparare realmente. E quindi impari che devi cominciare ad osservare le cose da un’altra prospettiva. Che va bene amare, ma mai perdere la stima per sé stessi. Va bene farsi un esame di coscienza ma che quest’esame non sia una continua ricerca al colpevole, una ricerca che per troppo tempo ha portato allo stesso risultato tanto sofferto. Perché alla fine, a cosa può portare continuare a colpevolizzarsi o a pentirsi per quello che si è dato ad una persona, se in quel momento hai pensato che se lo meritasse? Anche se tutto è andato contro le proprie aspettative, perché puntare il dito contro sé stessi per essersi fidati, per aver amato tanto? Quindi va bene dare sé stessi incondizionatamente, ma che ne possa valere la pena per entrambi. Alla fine ho capito che io sono così e se le cose non sono andate come speravo, perché deve essere colpa mia? Ringrazio il professore per l’immensa opportunità, è stato un momento importante che mi ha spinto ad osservare questa situazione con più coscienza, con più amore verso me stessa. Ringrazio le mie amiche Giulia Mezzanotte, Giulia Menasci e Martina Rossi che con uno sguardo e con le parole giuste, mi hanno fatto capire tanto, con la dovuta serenità che necessitavo. Inutile dire che finito il dibattito le lacrime che avevo trattenuto, sono uscite spontaneamente, forse sono state le più belle che io abbia versato per questa situazione.

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